Lou Burnard
C. M. Sperberg-McQueen
Documento N. TEI U5
Giugno 1995
Traduzione italiana di:
Fabio Ciotti, Guendalina Demontis, Giuseppe Gigliozzi, Massimo Guerrieri, Andrea Loreti
Revisione e cura traduzione italiana di:
Fabio Ciotti
(ciotti@axrma.uniroma1.it)
Gennaio 1998
Questo documento fornisce un'introduzione alle indicazioni elaborate dalla Text Encoding Initiative (TEI), descrivendo un sottoinsieme facilmente utilizzabile dell'intero schema di codifica. Lo schema qui documentato può essere utilizzato per codificare una vasta gamma di caratteristiche testuali comunemente riscontrate, in modo da ottimizzare l'utilizzabilità delle trascrizioni elettroniche e facilitare il loro scambio fra studiosi che utilizzano diversi sistemi informatici. Esso è altresì pienamente compatibile con l'intero schema TEI, definito dal documento TEI P3, Guidelines for Electronic Text Encoding and Interchange, pubblicato a Chicago e Oxford nel maggio del 1994.
La versione originale di questo testo - in lingua inglese - può essere reperita attraverso World Wide Web agli indirizzi:
http://www.tei-c.org/Lite/teiu5_en.tei
Il documento è anche disponibile in formato HTML sui siti:
La Document Type Definition SGML formale qui descritta, si trova negli stessi siti, nel file teilite.dtd:
http://www.tei-c.org/Lite/DTD/teilite.dtd
Questo documento è la traduzione italiana del documento ufficiale della Text Encoding Initiative (TEI) numero TEI U5 (Giugno 1995), TEI Lite: An Introduction to Text Encoding for Interchange, redatto da Lou Burnard e Michael Sperberg-McQueen.
Esso fornisce la documentazione di uno schema di codifica SGML (e della relativa Document Type Definition), comunemente noto come TEI Lite, che a sua volta costituisce una versione semplificata dell'intero schema di codifica definito dalla TEI e documentato nel testo TEI P3, Guidelines for Electronic Text Encoding and Interchange (che in questa sede chiameremo Norme TEI o, più semplicemente, TEI P3)
Lo schema di codifica della TEI, basato sulla sintassi dello Standard Generalized Markup Language (SGML, ISO 8879), è indirizzato a tutti coloro che intendono produrre e diffondere testi in formato elettronico a fini scientifici e di ricerca, in particolare nel dominio umanistico. Esso consente infatti di rappresentare la struttura astratta di varie tipologie testuali (testo in prosa, testo poetico, testo drammaturgico, fonte manoscritta, etc.), e le caratteristiche testuali rilevanti per diverse aree di ricerca (filologia, analisi linguistica, tematica, narratologica, etc.).
Il sottoinsieme denominato TEI Lite, qui documentato, è stato sviluppato al fine di facilitare l'applicazione dello schema da parte degli utenti senza richiedere lo studio dell'intera DTD, anche nelle sua parti più esoteriche. Esso permette la creazione di documenti TEI-compliant (compatibili, cioè, con l'intero schema) in maniera rapida, e si presta facilmente allo sviluppo di applicazioni.
Attualmente le maggiori istituzioni di ricerca a livello mondiale nel campo informatico umanistico utilizzano la TEI per la creazione di banche dati testuali di ricerca. La complessità, l'estensibilità e la diffusione, unitamente alla sua origine ed evoluzione interna all'ambito umanistico, ne fanno infatti il più valido strumento di codifica per la creazione di testi elettronici, sia a puro fine editoriale, che come supporto per l'analisi informatizzata dei testi. Alcuni testi della Letteratura Italiana codificati in formato SGML/TEI sono disponibili presso il sito Web del Centro Ricerche Informatica e Letteratura (CRILet), all'indirizzo http://crilet.let.uniroma1.it, dove è disponibile anche una versione HTML del presente documento.
Questa traduzione è il frutto del lavoro (del tutto volontario) di Fabio Ciotti, Guendalina Demontis, Giuseppe Gigliozzi, Massimo Guerrieri, Andrea Loreti. La versione finale è stata revisionata e curata da Fabio Ciotti, che si assume tutte le responsabilità per la traduzione dei termini tecnici e speciali.
L'originale è stato esaminato nella versione SGML/TEI distribuita presso il sito ufficiale della Text Encoding Initiative nel file "teiu5.tei" (http://www-tei.uic.edu/orgs/tei/intros/teiu5.tei).
Nella traduzione si è cercato di rimanere quanto più possibile aderenti al testo inglese. Come detto Guidelines è stato tradotto con Norme. Per quanto riguarda gli esempi, laddove è stato ritenuto desiderabile (e, soprattutto possibile), si sono inseriti testi originali della tradizione letteraria italiana. Per quanto attiene ai termini tecnici ed alla terminologia SGML, si è preferito in linea di massima tradurli in lingua italiana in base al seguente schema:
Anche i termini tecnici specifici della TEI sono stati generalmente tradotti. In particolare, in riferimento allo statuto del valore degli attributi legal è stato tradotto con "permessi", suggested o possible con "consigliati" "possibili", "esemplificativi" o "suggeriti"; global attributes è stato tradotto come "attributi globali". I valori suggeriti per gli attributi sono stati generalmente tradotti o indicati in italiano (con alcune eccezioni).
Il presente documento è disponibile in formato HTML ai seguenti indirizzi:
http://crilet.let.uniroma1.it/sgml/teiu5-it/teu5-it.html
http://rmcisadu.let.uniroma1.it/crilet/sgml/teiu5-it/teiu5-it.html
Una versione suddivisa in più file per facilitarne la consultazione online è disponibile ai seguenti indirizzi
http://crilet.let.uniroma1.it/sgml/teiu5-it/split/teu5-it.html
http://rmcisadu.let.uniroma1.it/crilet/sgml/teiu5-it/split/teiu5-it.html
Le Norme (Guidelines) della Text Encoding Initiative (TEI) sono indirizzate a tutti coloro che intendono scambiare informazioni archiviate in formato elettronico. Esse sottolineano l'importanza dello scambio di informazioni testuali, ma trattano anche di altre forme di informazioni (quali immagini e suoni). Le Norme sono applicabili indifferentemente sia per la creazione di nuove risorse che per lo scambio di quelle già esistenti.
Le Norme forniscono un mezzo per rendere esplicite certe caratteristiche di un testo in modo tale da facilitarne il trattamento mediante programmi di computer basati su diverse piattaforme. Definiamo questo processo di esplicitazione marcatura (markup) o codifica (encoding). Qualsiasi rappresentazione di un testo su un computer usa una qualche forma di codifica; la TEI è stata creata sia per ovviare alla eccessiva varietà di schemi di codifica tra loro incompatibili che ostacolano la ricerca scientifica, sia per il crescente numero di applicazioni scientifiche che ora vengono individuate per i testi in formato elettronico.
Le Norme TEI utilizzano lo Standard Generalized Markup Language (SGML) per definire il proprio schema di codifica. SGML è uno standard internazionale (ISO 8879), sempre più usato nell'industria dell'informazione, che permette la definizione formale di uno schema di codifica in termini di elementi e attributi, e di regole che gestiscano la loro occorrenza all'interno di un testo. L'applicazione dello SGML da parte della TEI è ambizioso nella sua complessità e generalità, ma fondamentalmente non differisce da quella di qualsiasi altro schema di codifica SGML; conseguentemente qualsiasi applicazione SGML generica è in grado di elaborare testi conformi alla TEI.
La TEI è sponsorizzata dall'Association for Computers and the Humanities, dall'Association for Computational Linguistics, e dall'Association for Literary and Linguistic Computing. Finanziamenti sono stati in parte forniti dall'U.S. National Endowment for the Humanities, Directorate General XIII of the Commission of the European Communities, dall'Andrew W. Mellon Foundation, e dal Social Science and Humanities Research Council of Canada. Le Guidelines sono state pubblicate nel maggio 1994, dopo sei anni di sviluppo che ha coinvolto parecchie centinaia di studiosi di tutto il mondo provenienti da diversi ambiti accademici.
Gli obiettivi principali della TEI sono stati definiti, agli inizi del suo lavoro, nelle dichiarazioni conclusive di una conferenza programmatica tenutasi al Vassar College, New York, nel novembre 1987; questi Poughkeepsie Principles sono stati ulteriormente elaborati in una serie di documenti progettuali. Le Norme, come affermano tali documenti, dovrebbero:
Il mondo della ricerca è vasto e variegato. Affinché le Norme godessero della più ampia accoglienza, è stato importante assicurare che:
Il presente documento descrive una selezione, di facile utilizzazione, dell'esteso insieme di elementi SGML e suggerimenti definiti dalla TEI in conformità con tali obiettivi progettuali, denominata TEI Lite.
Selezionando tra le diverse centinaia di elementi SGML definiti dallo schema completo della TEI, abbiamo cercato di identificare un utile "insieme di partenza", comprendente gli elementi che quasi ogni utente dovrebbe conoscere. L'esperienza fatta lavorando con la TEI Lite sarà di inestimabile valore per comprendere l'intera DTD TEI, e per sapere quali parti opzionali della DTD siano necessarie per lavorare su particolari tipi di testo.
I nostri obiettivi, nel definire questo sottoinsieme, possono essere riassunti nel modo seguente:
Il lettore potrà da solo giudicare il nostro successo nel far fronte a questi obiettivi. Nel momento in cui scriviamo, la nostra fiducia di aver almeno parzialmente raggiunto i nostri scopi nasce dal suo uso nella pratica di codifica di testi reali. L'Oxford Text Archive usa la TEI Lite per tradurre i testi del suo patrimonio dai loro schemi originali di codifica in formato SGML; gli Electronic Text Centers della University of Virginia e della University of Michigan, hanno usato la TEI Lite per codificare il loro patrimonio. E la Text Encoding Initiative stessa, utilizza la TEI Lite nella sua documentazione tecnica corrente - incluso questo documento.
Sebbene abbiamo cercato di rendere questo documento autosufficiente, come si addice a un testo didattico e introduttivo, il lettore dovrebbe essere consapevole che esso non copre ogni dettaglio dello schema di codifica TEI. Tutti gli elementi qui descritti sono documentati compiutamente nel testo completo delle Norme, che dovrebbe essere consultato per avere informazioni di riferimento autorevoli su questi, e sui molti altri che non sono qui descritti. Si presuppone, inoltre, una conoscenza di base dello SGML.
Cominciamo con un breve esempio, inteso a mostrare cosa succede quando un brano di prosa è trascritto su un computer da un operatore con poche nozioni sugli scopi della codifica o sulle potenzialità dei testi elettronici. In un mondo ideale questa rappresentazione potrebbe essere generata da un accuratissimo lettore ottico. Essa cerca di restare fedele all'aspetto del testo stampato, conservando le interruzioni di linea originali, introducendo spazi per rappresentare l'impostazione tipografica dei titoli e dei salti di pagina, e così via. Laddove fossero necessari dei caratteri non disponibili sulla tastiera (come ad esempio la lettera accentata "í", in "Damín"), si tenta di mimare il loro aspetto grafico.
Capitolo 16 163 - Sono contenta che tu sia bravo, - infine poté dire quie- tamente la madre. Dami/n sorrise. - Bravo tanto da impressionare i professori. Tanto bravo da diventare un artista. Te lo meriti perché sei buono; e se lo merita anche tuo nonno. Anche lui è un artista; anche se è rimasto a fare cocci... un vero artista. Chissà anche lui come sarà contento. Il segno D.P. continua; continua anche nel- l'arte, come ha detto il professore. - Ma io andrò via da Fossombrone, - disse Dami/n, - ap- pena potrò; appena sarò piu/ grande. Non ne posso piu/: per fortuna questa scuola... se no sarei già scappato da tempo. Mi sento soffocare a Fossombrone. E ancora di piu/ dentro casa. - E perché vorresti fuggire? Cos'è che ti fa soffocare? -- la madre esitava nella domanda, ma la sincerità della pena la costringeva a parlare. - Potrai si/ andar via, quando sarai piu/ grande, per il tuo lavoro. E allora sarà giusto, anche se dif- ficile da sopportare. Viene sempre purtroppo il momento in cui i figli debbono lasciare i genitori; specie nei paesi, e spe- cie se i figli sono bravi e hanno studiato. - E tu ci hai mai lasciato? - domandò Dami/n. - Io? Lasciato? E perché? Quando avrei potuto lasciar- vi io? Dami/n stringeva il tavolino e si abbassò per andare a guardarne le gambe. 164 - Vi ho dato forse l'impressione che avrei potuto lasciar- vi? Io? Lasciarvi, tu e Lavinia? Dove avrei potuto mai an- dare? Dami/n lottava sempre con il tavolino. - Ma tu hai potuto davvero immaginare che io avrei po- tuto lasciarvi. E tu hai potuto davvero soffrire per questo pensiero? Dami/n rialzò la testa. - Non sono sempre rimasta accanto a voi? Ogni giorno ogni momento? Dami/n lasciò il tavolino e come per soffiare dentro uno sbuffo prolungato della macchina a vapore dell'espresso, do- mandò: - E di notte? La madre fu colpita; ma come se non avesse sentito pro- segui/: - Se qualche volta tacevo... era per pensieri miei. Non certo facevo progetti di lasciarvi. Tutti hanno un pen- siero. Anche le madri possono avere un pensiero loro, anche un dolore, anche una pena; ma mai contro i figli; e mai nep- pure per un momento con l'idea di lasciarli... - E si fermò, come se adesso un altro pensiero l'avesse presa, con una gra- vità ben superiore a quel che lei stessa stava dicendo, che era scaturito dalle parole del figlio Dami/n con la testa ritta sempre dietro lo sbuffo della mac- china del caffè non diceva altro, consapevole che a quel pun- to il suo silenzio era piu/ doloroso di qualsiasi parola. - Io ho sofferto... ho sofferto molto. Posso essermi isola- ta, tirata un po' da parte; ma non mi sono mai smarrita. Non vi ho mai perduto. Dami/n continuava a calcolare il proprio silenzio. - Posso anche aver commesso delle colpe. Si/. Ma mai e poi mai ho solo sfiorato il pensiero di fare del male a voi e di potervi lasciare: mai e per niente. Anche la colpa piu/ grande non mi ha mai staccata da voi. E nemmeno...
Questa trascrizione (dal Lanciatore di giavellotto di Paolo Volponi) presenta una serie di problemi:
Presentiamo ora lo stesso brano come potrebbe essere codificato usando le Norme TEI. Come vedremo, sarebbe possibile estendere questa codifica in molti modi, ma come minimo, l'approccio proposto dalla TEI ci consente di rappresentare le seguenti distinzioni:
<div1 type=capitolo n='16'> <p>— <q>Sono contenta che tu sia bravo,</q> — infine poté dire quietamente la madre. <p>Damín sorrise. <p>— <q>Bravo tanto da impressionare i professori. Tanto bravo da diventare un artista. Te lo meriti perché sei buono; e se lo merita anche tuo nonno. Anche lui è un artista; anche se è rimasto a fare cocci... un vero artista. Chissà anche lui come sarà contento. Il segno D.P. continua; continua anche nell'arte, come ha detto il professore.</q> <p>— <q>Ma io andrò via da Fossombrone,</q> — disse Damín, — <q>appena potrò; appena sarò piú grande. Non ne posso piú: per fortuna questa scuola... se no sarei già scappato da tempo. Mi sento soffocare a Fossombrone. E ancora di piú dentro casa.</q> <p>— <q>E perché vorresti fuggire? Cos'è che ti fa soffocare?</q> — la madre esitava nella domanda, ma la sincerità della pena la costringeva a parlare. — <q>Potrai sí andar via, quando sarai piú grande, per il tuo lavoro. E allora sarà giusto, anche se difficile da sopportare. Viene sempre purtroppo il momento in cui i figli debbono lasciare i genitori; specie nei paesi, e specie se i figli sono bravi e hanno studiato.</q> <p>— <q>E tu ci hai mai lasciato?</q> — domandò Damín. <p>— <q>Io? Lasciato? E perché? Quando avrei potuto lasciarvi io?</q> <p>Damín stringeva il tavolino e si abbassò per andare a guardarne le gambe. <pb n='164'> &mdash <q>Vi ho dato forse l'impressione che avrei potuto lasciarvi? Io? Lasciarvi, tu e Lavinia? Dove avrei potuto mai andare?</q> <p>Damín lottava sempre con il tavolino. <p>— <q>Ma tu hai potuto davvero immaginare che io avrei potuto lasciarvi. E tu hai potuto davvero soffrire per questo pensiero?</q> <p>Damín rialzò la testa. <p>— <q>Non sono sempre rimasta accanto a voi? Ogni giorno ogni momento?</q> <p>Damín lasciò il tavolino e come per soffiare dentro uno sbuffo prolungato della macchina a vapore dell'espresso, domandò: — <q>E di notte?</q> <p>La madre fu colpita; ma come se non avesse sentito proseguí: &mdash <q>Se qualche volta tacevo... era per pensieri miei. Non certo facevo progetti di lasciarvi. Tutti hanno un pensiero. Anche le madri possono avere un pensiero loro, anche un dolore, anche una pena; ma mai contro i figli; e mai neppure per un momento con l'idea di lasciarli...</q> — E si fermò, come se adesso un altro pensiero l'avesse presa, con una gravità ben superiore a quel che lei stessa stava dicendo, che era scaturito dalle parole del figlio.</q> <p>Damín con la testa ritta sempre dietro lo sbuffo della macchina del caffè non diceva altro, consapevole che a quel punto il suo silenzio era piú doloroso di qualsiasi parola. <p>&mdash <q>Io ho sofferto... ho sofferto molto. Posso essermi isolata, tirata un po’ da parte; ma non mi sono mai smarrita. Non vi ho mai perduto.</q> <p>Damín continuava a calcolare il proprio silenzio. <p>— <q>Posso anche aver commesso delle colpe. Sí. Ma mai e poi mai ho solo sfiorato il pensiero di fare del male a voi e di potervi lasciare: mai e per niente. Anche la colpa piú grande non mi ha mai staccata da voi. E nemmeno...</q> <pb n='163'>
La decisione di concentrarsi sul testo di Volponi, piuttosto che sul suo aspetto a stampa in questa particolare edizione, è uno degli aspetti fondamentale della codifica: la selettività. Una codifica rende esplicite solo quelle caratteristiche testuali importanti per il codificatore. Non è difficile pensare a modi nei quali la codifica perfino di questo breve brano potrebbe essere estesa senza difficoltà. Per esempio:
Il modo raccomandato dalla TEI per eseguire tutto questo è descritto nel seguito di questo documento. L'intero schema della TEI fornisce peraltro un enorme ventaglio di possibilità ulteriori di codifica, delle quali ne citiamo solo alcune:
Per i suggerimenti su queste e su molte altre possibilità sarà necessario consultare la versione completa delle Norme.
Tutti i testi conformi alla TEI contengono: (a) una testata TEI (codificata come <teiHeader>) e (b) una trascrizione del testo vero e proprio (marcata con l'elemento <text>).
La testata TEI contiene informazioni analoghe a quelle contenute nel frontespizio di un testo a stampa. Essa può avere fino a quattro parti: una descrizione bibliografica del testo memorizzato su supporto digitale, una descrizione del modo nel quale è stato codificato, una descrizione non bibliografica del testo (un profilo del testo), e una storia delle revisioni. La testata è descritta più dettagliatamente nella sezione 21 Il frontespizio elettronico.
Un testo TEI può essere unitario (un'opera singola) o composito (una collezione di opere, come un'antologia). In entrambi i casi, il testo può avere un avantesto o degli annessi opzionali. In mezzo c'è il corpo del testo, che, nel caso di un testo composito, può essere costituito da gruppi, ciascuno dei quali contiene più gruppi o testi.
Un testo unitario sarà codificato usando una struttura generale come questa:
<TEI.2>
<teiHeader> [informazioni della testata TEI] </teiHeader>
<text>
<front> [materiali dell'avantesto] </front>
<body> [testo unitario] </body>
<back> [materiali annessi] </back>
</text>
<TEI.2>
Anche un testo composito può essere dotato opzionalmente di avantesto e annessi. Nel mezzo si trovano uno o più gruppi di testi, ognuno eventualmente dotato di propri avantesti ed annessi. Un testo composito sarà codificato usando una struttura generale come questa:
<TEI.2>
<teiHeader> [testata del testo composito] </teiHeader>
<text>
<front> [avantesto del testo composito] </front>
<group>
<text>
<front>[avantesto del primo testo] </front>
<body> [primo testo unitario] </body>
<back> [annessi del primo testo] </back>
</text>
<text>
<front>[ avantesto del secondo testo] </front>
<body> [secondo testo unitario] </body>
<back> [annessi del secondo testo] </back>
</text>
[altri testi o gruppi di testi]
</group>
<back> [annessi del testo composito] </back>
</text>
<TEI.2>
È altresì possibile definire un insieme di testi TEI, ciascuno con la sua propria testata. Tale insieme è denominato TEI corpus, e può esso stesso avere una sua testata:
<teiCorpus>
<teiHeader> [testata per il corpus] </teiHeader>
<TEI.2>
<teiHeader> [testata per il primo testo] </teiHeader>
<text> [primo testo nel corpus] </text>
</TEI.2>
<TEI.2>
<teiHeader> [testata per il secondo testo] </teiHeader>
<text> [secondo testo nel corpus]</text>
[...]
</TEI.2>
</teiCorpus>
Non è possibile, tuttavia, creare un insieme di corpora (cioè, un insieme di elementi <teiCorpus> combinati e trattati come un singolo oggetto). Questa è una restrizione della versione attuale delle Norme TEI.
Nel seguito di questo documento, discuteremo principalmente le strutture di un testo unitario. La trattazione di ogni caso consiste in una breve lista di elementi rilevanti della TEI, accompagnata da una breve definizione di ogni elemento, seguita da un breve definizione di ciascun attributo specifico di quell'elemento. In molti casi sono forniti anche brevi esempi.
Come indicato sopra, un semplice documento TEI è costituito - a livello testuale - dai seguenti elementi:
Gli elementi specifici delle sezioni avantestuali ed annessi vengono descritti di seguito nella sezione 20 Elementi dell'avantesto ed annessi. In questa sezione discutiamo gli elementi che costituiscono il corpo del testo.
Il corpo di un testo in prosa può essere costituito solamente da una serie di paragrafi, oppure tali paragrafi possono essere raggruppati insieme in capitoli, sezioni, sottosezioni, etc. Nel primo caso, ogni paragrafo è marcato usando il marcatore <p>. Nel secondo caso, l'elemento <body> può essere diviso sia in una serie di elementi <div1>, sia in una serie di elementi <div>, i quali possono essere ulteriormente suddivisi, come discusso di seguito:
Qualora siano necessarie suddivisioni strutturali più piccole di una <div1>, quest'ultima può essere divisa in elementi <div2>, una <div2> in più piccoli elementi <div3>, etc., fino al livello <div7>. Se sono presenti più di 7 livelli della divisione strutturale, è necessario o modificare la DTD TEI per accettare <div8>, etc, oppure usare l'elemento non numerato <div>: un elemento <div> può essere suddiviso in elementi più piccoli <div>, senza limiti alla profondità di annidamento.
Tutti questi elementi di segmentazione accettano i seguenti tre attributi:
Gli attributi id e n, peraltro, sono tanto utili da essere ammessi in tutti gli elementi, in ogni DTD conforme alla TEI: sono attributi globali. Gli altri attributi globali definiti nello schema TEI Lite sono discussi nella sezione 9.3 Attributi di collegamento.
Il valore di ogni attributo id deve essere unico all'interno di un documento. Un semplice modo per assicurarsi che questo avvenga è fare in modo che esso rifletta la struttura gerarchica del documento. Per esempio, La ricchezza delle nazioni di Smith, nella prima edizione, consiste di cinque libri, ognuno dei quali è diviso in capitoli, alcuni dei quali sono ulteriormente suddivisi in parti. Noi potremmo definire il valore di id per questa struttura come segue:
<div1 id=RN1 n=`I' type=`libro'>
<div2 id=RN101 n=`I.1' type=`capitolo'>
... </div2>
<div2 id=RN102 n=`I.2' type=`capitolo'>
... </div2>
...
<div2 id=RN110 n=`I.10' type=`capitolo'>
<div3 id=RN1101 n=`I.10.1' type=sezione>
... </div3>
<div3 id=RN1102 n=`I.10.2' type=sezione>
... </div3>
</div2>
...
</div1>
<div1 id=SN2 n=`II'type=`libro'>
...
</div1>
...
Un differente schema di numerazione può essere usato per gli attributi id e n: questo è spesso utile qualora uno schema di riferimento canonico non corrisponda alla struttura dell'opera. Per esempio, in un romanzo diviso in libri, ognuno contenente dei capitoli, dove i capitoli sono numerati sequenzialmente attraverso l'intera opera, piuttosto che all'interno di ogni libro, si potrebbe usare uno schema come il seguente:
<div1 id=TS01 n=`1' type=`Volume'> <div2 id=TS011 n=`1' type=`Capitolo'> ... <div2 id=TS012 n=`2'> ... </div1> <div1 id=TS02 n'2' type=`Volume'> <div2 id=TS021 n=`3' type=`Capitolo'> ... <div2 id=TS022 n=`4'> ... </div1>
In questo caso, l'opera è in due volumi, ognuno contenente due capitoli. I capitoli sono numerati convenzionalmente da 1 a 4, ma i valori id specificati consentono loro di essere considerati anche come se fossero numerati 1.1, 1.2, 2.1, 2.2.
Ogni <div>, <div1>, <div2>, etc., può avere un titolo o un'intestazione al suo inizio, e (meno comunemente) una chiusura quale "Fine del capitolo 1". I seguenti elementi possono essere usati per trascriverli:
Alcuni altri elementi che possono occorrere all'inizio o alla fine delle divisioni del testo sono discussi più avanti nella sezione 20.1.2 Materiali introduttivi.
Decidere se titoli e formule di chiusura debbano essere inclusi o meno in una trascrizione è una questione sulla quale è chiamato a decidere il trascrittore. Nel caso in cui un titolo abbia una forma del tutto regolare (per esempio "Capitolo 1") o sia stato utilizzato come valore di attributo (per es. <div1 type=`Capitolo' n=1>), può essere omesso; laddove questo contenga del testo altrimenti irrecuperabile, dovrebbe essere sempre incluso. Per esempio, l'inizio di Uno, nessuno e centomila di Pirandello, potrebbe essere codificato come segue:
<div1 id=UNC1 n=`Libro primo' type=`Sezione'>
<div2 id=UNC11 n=`1' type=`Capitolo'>
<head>I. Mia moglie e il mio naso</head>
<p>— Che fai? — mia moglie mi domandò, vedendomi...
Come notato sopra, i paragrafi che costituiscono una divisione testuale dovrebbero essere marcati con <p>. Per esempio:
<body> ... <p>A seguitare, non ci saremmo mai intesi; perché se a me stava a cuore la tigre, a lei il cacciatore. </p> <p>Difatti il cacciatore designato a ucciderla è Carlo Ferro. La Nestoroff ne dev'essere molto costernata; e forse non viene qua, come vogliono i maligni, per studiare la sua parte, ma per misurare il pericolo che il suo amante affronterà.</p> ... </body>
(Il brano è tratto da Quaderni di Serafino Gubbio operatore di Luigi Pirandello)
Per la codifica delle componenti strutturali dei testi in versi e dei testi drammatici (opere teatrali, film, etc.) viene fornita un'ulteriore serie di marcatori:
Qui, per esempio, abbiamo l'inizio di un testo poetico del quale sono marcate le linee di verso e le stanze:
<lg n=I> <l>Spesso il male di vivere ho incontrato:</l> <l>era il rivo strozzato che gorgoglia,</l> <l>era l'incartocciarsi della foglia</l> <l>riarsa, era il cavallo stramazzato.</l> </lg>
(Il brano è tratto da Ossi di seppia di Eugenio Montale)
Si noti come l'elemento <l> marchi il verso, non le linee tipografiche: l'originaria lineazione delle poche linee precedenti non è stata resa esplicita da questa codifica, e potrebbe andare perduta. L'elemento <lb> descritto nella sezione 6 Numeri di pagina e di linea, potrebbe essere usato, se lo si desidera, per marcare le linee tipografiche.
Qualche volta, particolarmente nei testi teatrali, le linee di verso sono suddivise tra più parlanti. Il modo più semplice per codificare questo fenomeno è usare l'attributo part per indicare che le linee così frammentate sono incomplete, come in questo esempio (ripreso dal primo atto, scena prima, dell'Amleto di W. Shakespeare):
<div1 type=`Atto' n=`I'><head>ATTO I</head>
<div2 type=`Scena' n=1><head>SCENA 1</head>
<stage rend=italic>Francesco di scolta. Entra Bernardo</stage>
<sp><speaker>Bern<l part=y>Chi è là?
<sp><speaker>Fran<l>Rispondi tu, prima, e manifestati.
<sp><speaker>Bern<l part=i>Viva il re!
<sp><speaker>Fran<l part=m>Bernardo?
<sp><speaker>Bern<l part=f>Quello.
<sp><speaker>Fran<l>Esattamente venite alla vostr'ora.
...
</div2>
..
</div1>
Lo stesso meccanismo può essere applicato a stanze che sono divise tra due parlanti:
<sp><speaker>Prima voce</speaker>
<lg type=stanza part=I>
<l>«Voi, signora, siete l'umorista eterna,
<l>l'eterna nemica dell'assoluto,
<l>indirizzando appena i nostri sentimenti vaganti!
<l>Col vostro fare indifferente e imperioso
<l>per confutare in un colpo le nostre poetiche strambe...»
</lg>
<l>Al che: «
<sp><speaker>Seconda voce</speaker>
<lg part=F>
Siamo dunque tanto seriosi? »</l>
</lg>
(Il brano è tratto da Conversation galante di T. S. Eliot)
L'esempio successivo (tratto da Quaderni di Serafino Gubbio operatore di Luigi Pirandello) mostra come dovrebbe essere codificato il dialogo presentato in un'opera in prosa come se fosse un dialogo teatrale. Esso mostra anche l'uso dell'attributo who per veicolare un codice che identifichi chi recita un determinato dialogo:
<sp who=GUB><speaker>Serafino Gubbio operatore</speaker> <p>— Che vuole che le dica? Lei in questo momento, lo riconoscerà è molto eccitato. <sp who=FER><speaker>Carlo Ferro</speaker> <p>— Ma posso esser calmo? <sp who=GUB><speaker>Serafino Gubbio operatore</speaker> <p>— Ah, capisco... <sp who=FER><speaker>Carlo Ferro</speaker> <p>— Ne ho ragione, mi sembra! <sp who=GUB><speaker>Serafino Gubbio operatore</speaker> <p>— Sì, senza dubbio! Ma in tale stato, caro Ferro, è anche molto facile esagerare.</sp>
Le interruzioni di pagina e di linea possono essere marcate con i seguenti elementi vuoti.
Questi elementi marcano un punto singolo nel testo, non una sua porzione. L'attributo globale n dovrebbe essere usato per fornire il numero della pagina o di linea che inizia con il marcatore. Inoltre, questi due elementi condividono il seguente attributo:
Quando si lavora da un originale impaginato, è spesso utile registrare la sua impaginazione, anche solo per semplificare una successiva correzione delle bozze. Memorizzare l'interruzione delle linee potrebbe essere utile per la stessa ragione; il trattamento della divisione sillabica di parole a fine linea nell'originale a stampa richiederà una certa considerazione.
Qualora si intenda marcare l'impaginazione, etc., di più di un'edizione, occorre specificare l'edizione in questione usando l'attributo ed, e fornire tutti i marcatori necessari. Per es. nel passaggio seguente (tratto da Il tempo ritrovato di Marcel Proust) indichiamo dove cade l'interruzione di pagina in due edizioni differenti (ED1 e ED2).
<p>La notte era bella come nel 1914, e Parigi altrettanto minacciata. Il chiaro di luna pareva quasi un vago, ininter- rotto magnesio che permettesse di fissare un'ultima volta le immagini notturne di certe belle vedute, come place <pb ed=ED1 n=`128'> Vendôme o place de la Concorde, alle quali il mio terro- re per le bombe che forse le avrebbero fra poco distrutte, <pb ed=ED2 n=`97'> dava per contrasto, nella loro bel- lezza ancora intatta, una sorta di pienezza[...]</p>
Gli elementi <pb> e<lb> sono casi particolari della classe di cosiddetti elementi "pietra miliare", che marcano i punti di riferimento all'interno di un testo. La TEI Lite prevede anche un elemento generico <milestone> che non è ristretto a casi particolari ma può segnalare ogni tipo di punto di riferimento: per esempio, un'interruzione di colonna, l'inizio di un nuovo tipo di sezione non marcata altrimenti, etc. Questo elemento ha i seguenti attributi e descrizione:
I nomi usati per i tipi di unità e per le edizioni cui ci si riferisce con gli attributi ed e unit possono essere scelti liberamente, ma devono essere documentati nella testata.
Si può usare l'elemento <milestone> per rimpiazzare gli altri, o usare questi nel loro insieme; i due metodi non andrebbero mescolati arbitrariamente.
Le parole o le espressioni evidenziate sono quelle rese visualmente differenti dal resto del testo, generalmente per mezzo di un cambio nella fonte tipografica, nello stile di scrittura o nel colore dell'inchiostro, al fine di richiamare l'ttenzione del lettore.
L'attributo globale rend può essere associato ad ogni elemento e usato ovunque sia necessario specificare i dettagli dell'evidenziazione per esso usata. Per esempio un titolo reso in grassetto può essere marcato rend=`Bold', uno in corsivo rend=`Italic'.
Non è sempre possibile o desiderabile interpretare le ragioni di tali cambiamenti di aspetto in un testo. In tali casi, l'elemento <hi> può essere usato per marcare una sequenza di testo evidenziato senza fare alcuna assunzione circa il suo status.
Nel seguente esempio (tratto da Quaderni di Serafino Gubbio operatore di L. Pirandello) l'uso dei vari tipi di carattere è registrato ma non interpretato:
<p>«Siete proprio necessario voi? Che cosa siete voi? <hi rend=italic>Una mano che gira la manovella</hi>. Non si potrebbe fare a meno di questa mano?[...]</p>
In alternativa, se la causa dell'evidenziazione può essere identificata con certezza sono disponibili una serie di elementi più specifici:
Alcune caratteristiche (specificamente citazioni e commenti) possono trovarsi in un testo evidenziate oppure incluse tra virgolette. In entrambi i casi dovrebbero essere usati gli elementi <q> e <gloss> (come discusso nella sezione seguente). Qualora occorra registrare la resa tipografica, si usi l'attributo globale rend.
Come esempio degli elementi qui definiti, si consideri la seguente frase (riportata da La letteratura francese dall'Illuminismo al Romanticismo di Giovanni Macchia):
Ispirato dalla lettura del Tristram Shandy di Sterne, che Diderot conobbe nell'originale, Jacques le Fataliste è un programmato coacervo di vicende, personaggi, discussioni, energici quadri realistici, non legati da un'interna logica o, meglio, mimetica riproduzione (con tutte le conseguenti variazioni stilistiche) del "décousu" dell'esistenza.
Interpretando il ruolo dell'evidenziazione, la frase dovrebbe presentarsi cosi:
Ispirato dalla lettura del <title>Tristram Shandy</title> di Sterne, che Diderot conobbe nell'originale, <title>Jacques le Fataliste</title> è un programmato coacervo di vicende, personaggi, discussioni, energici quadri realistici, non legati da un'interna logica o, meglio, mimetica riproduzione (con tutte le conseguenti variazioni stilistiche) del «<foreign>décousu</foreign>» dell'esistenza.
Descrivendo solo l'aspetto dell'originale, essa dovrebbe presentarsi così:
Ispirato dalla lettura del <hi rend=italic>Tristram Shandy</hi> di Sterne, che Diderot conobbe nell'originale, <hi rend=italic>Jacques le Fataliste</hi> è un programmato coacervo di vicende, personaggi, discussioni, energici quadri realistici, non legati da un'interna logica o, meglio, mimetica riproduzione (con tutte le conseguenti variazioni stilistiche) del <hi rend=italic>décousu</hi> dell'esistenza.
Come i cambi di carattere tipografico, le virgolette sono convenzionalmente usate per contraddistinguere diverse caratteristiche all'interno di un testo, tra le quali la più frequente è la citazione. Quando è possibile, è consigliabile codificare la caratteristica strutturale soggiacente, piuttosto che segnalare il semplice fatto che una citazione appare nel testo, usando i seguenti elementi:
Questo è un semplice esempio di citazione:
È improbabile che i creatori di dizionari possano dimenticarsi della descrizione del lessicogarfo del Dott. Johnson, come <q>una bestia inoffensiva.</q>
Per registrare in che modo è stata stampata una citazione (per esempio, intralineare oppure messa in risalto in un blocco di testo citato), va usato l'attributo rend. Questo può essere anche usato per indicare il tipo di virgolette usate.
Il discorso diretto interrotto da un narratore può essere rappresentato semplicemente chiudendo la citazione e iniziandola di nuovo dopo l'interruzione, come nel seguente esempio (tratto da Quaderni di Serafino Gubbio operatore di L. Pirandello):
<p>— <q>Ma sì!</q> — esclamai. — <q>Ha la febbre, e forte. Aspetti. Chiamo il signor Cavalena. Il nostro padrone di casa è medico.</q>
Se è importante fornire l'idea che i due elementi <q> riproducono un unico discorso, possono essere usati gli attributi di collegamento next e prev, come descritto nella sezione 9.3 Attributi di collegamento.
Le citazioni possono essere accompagnate dal riferimento alla fonte o a colui che parla, usando l'attributo who, sia che la fonte venga esplicitamente segnalata o meno nel testo, come nel seguente esempio (tratto da Suo marito di L. Pirandello):
<p>— <q who=Giustino>Hai veduto? hai veduto?</q> — le singhiozzava intanto Giustino — <q>Se n'è andato,.. Rirì se n'è andato, perché noi non c'eravamo... tu non c'eri... e neanche io c'ero più... e allora il povero piccino ha detto: «<q who=Rirì>E che ci faccio più io qua?</q> » e se n'è andato... Se ti vedesse qua ora... Vieni! vieni! Se ti vedesse qua...</q></p>
Questo esempio mostra anche come le citazioni possano trovarsi all'interno di altre citazioni: un personaggio (Giustino) ne cita un altro (Rirì).
Il creatore di un testo elettronico deve decidere se i segni di citazione (per es. le virgolette) debbano essere rimpiazzati dai marcatori o se questi vadano aggiunti mantenendo i segni di citazione. Se i segni di citazione vengono rimossi dal testo, si può usare l'attributo rend per registrare il modo in cui erano stati resi nel testo originale.
Come per l'evidenziazione, non sempre è possibile o desiderabile interpretare in questa maniera la funzione dei segni di citazione in un testo. In tali casi, il marcatore <hi rend=citato> può essere usato per codificare il testo citato senza fare assunzioni riguardo al suo status.
Parole o espressioni che non sono nella lingua principale del testo, possono essere marcate come tali in due modi. Se la parola o l'espressione è già marcata per qualche ragione, l'elemento indicato dovrebbe avere un valore per l'attributo globale lang, indicante la lingua usata. Se non c'è alcun elemento applicabile, può essere usato l'elemento <foreign>, sempre corredato dell'attributo lang. Per esempio:
Giovanni ha molto <foreign lang=fra>savoir-faire</foreign>. Hai letto <title lang=ted>Die Dreigroschenoper</title>? <mentioned lang=fra>Savoir-faire</mentioned> è il termine francese per competenza. La corte ha emanato un mandato di <term lang=lat>mandamus</term>.
Come mostrano questi esempi, l'elemento <foreign> non dovrebbe essere usato per marcare parole straniere se altri elementi più specifici come <title>, <mentioned>, o <term> possono essere applicati. L'attributo globale lang può essere aggiunto a qualunque elemento per indicare che usa una lingua diversa da quella del testo circostante.
Tutte le note, siano esse stampate a piè di pagina, alla fine di un testo, a margine, o in qualche altro posto, devono essere marcate usando lo stesso elemento:
Se possibile, il corpo di una nota dovrebbe essere inserito nel testo nel punto esatto in cui appare il relativo rimando o riferimento. Ciò non è possibile, per esempio, con i marginalia, che potrebbero non essere collegati ad un luogo preciso. Per semplicità, può essere adeguato posizionare le note marginali prima del paragrafo rilevante o di altri elementi. Le note possono anche essere posizionate in una sezione separata del testo (come avviene per le note a fine testo nei libri a stampa) e collegate al testo mediante i rispettivi attributi target.
L'attributo n può essere usato per fornire il numero o l'identificatore di una nota se ciò è richiesto. Per distinguere tra le note d'autore e le note editoriali (qualora siano presenti entrambe), deve essere usato l'attributo resp; altrimenti occorre dichiarare esplicitamente di che tipo siano nella testata TEI.
Esempi:
Le collezioni sono insiemi di distinte entità o oggetti di ogni specie. <note place=foot n=1> Spieghiamo sotto perché usiamo l'insolito termine <mentioned>collezione</mentioned> al posto del più usuale <mentioned>serie</mentioned>. Il nostro utilizzo corrisponde all'<mentioned>aggregato</mentioned> dei molti scritti matematici e al senso dell'<mentioned>ordine</mentioned>trovato in scritti logici più vecchi.</note> <lg id=RAM609> <note place=margine>Il corso è finalmente espletato</note> <l>e ora questo incantesimo è stato rotto: ancora una volta</l> <l>ho visto l'oceano verde,</l> <l>e ho guardato avanti lontano, e ho visto le cose piccole</l> <l>come mai gli altri le avrebbero viste ‐</l>
I riferimenti incrociati espliciti o i collegamenti da un punto di un testo ad un altro nello stesso documento SGML possono essere codificati usando gli elementi descritti nella sezione 9.1 Riferimenti incrociati semplici. Riferimenti o collegamenti ad elementi di qualche altro documento SGML, o di parti di documenti non-SGML, possono essere codificati usando i puntatori estesi TEI descritti nella sezione 9.2 Puntatori estesi. I legami impliciti (come le associazioni tra due testi paralleli, o tra un testo e la sua interpretazione) possono essere codificati usando gli attributi di collegamento discussi nella sezione 9.3 Attributi di collegamento.
Un riferimento incrociato da un punto a un altro all'interno di un singolo documento può essere codificato usando uno dei seguenti elementi:
Questi elementi condividono i seguenti attributi:
La differenza tra questi due elementi è che <ptr> è un elemento vuoto, che individua semplicemente un punto dal quale si deve fare un collegamento, mentre <ref> può anche contenere del testo - solitamente il testo stesso del riferimento incrociato. L'elemento <ptr> invece sarà utilizzato per un riferimento incrociato rappresentato da dispositivi non verbali come un simbolo o un'icona, oppure, in un testo elettronico, da un bottone. È anche utile nei sistemi di produzione di documenti, dove un programma di formattazione può generare la corretta forma verbale del riferimento incrociato.
Le seguenti due forme, per esempio, sono logicamente equivalenti (assumendo che noi abbiamo documentato altrove l'esatta forma verbale dei riferimenti rappresentati dagli elementi <ptr> ):
Vedere specialmente <ref target=SEZ12>sezione 12 a pagina 34</ref>. Vedere specialmente <ptr target=SEZ12>.
Il valore di un attributo target deve essere un identificatore SGML nel documento SGML corrente. Questo implica che il passaggio o l'espressione a cui si punta deve avere un identificatore, e deve perciò essere codificato come un elemento di qualche tipo. Nel seguente esempio, il riferimento incrociato punta ad un elemento <div1>:
... vedere specialmente <ptr target=SEZ12> ... <div1 id=SEZ12><head>Riguardo l'identificazione...
Poiché l'attributo id è globale, qualsiasi elemento nel documento può essere indicato in questo modo. Nel seguente esempio, ad un paragrafo è stato dato un identificatore cosicché possa essere `puntato':
... questo è discusso nel <ref target=pspec> paragrafo sui collegamenti</ref> ... <p id=pspec>I collegamenti possono essere costruiti per qualsiasi tipo di elemento ...
L'attributo targType può essere usato per specificare che l'elemento puntato deve essere di un particolare tipo, come nel seguente esempio:
... questo è discusso nella <ref target=dspec targType=`div1 div2'> sezione sui collegamenti</ref>
Questo riferimento dovrebbe dare errore se l'elemento con identificatore dspec non fosse una <div1> o una <div2>. Si noti comunque che questo controllo non può essere effettuato da un parser SGML, poiché esso può solo controllare che esista qualche elemento identificato come dspec.
L'attributo type può essere usato per categorizzare il legame rappresentato dall'indicatore in ogni modo appropriato. Gli attributi resp e il crDate possono anche essere usati per rappresentare la persona o l'entità responsabile della creazione del collegamento, e la sua data di creazione, come nell'esempio seguente:
... questo è discusso nella <ref type=xref resp=auto crdate=210595 target=dspec targtype=`div1 div2'> sezione di collegamento</ref>
Questi attributi saranno verosimilmente utilizzati nei sistemi ipertestuali che contengono moltissimi puntatori, usati per vari scopi e creati con vari mezzi.
Talvolta la destinazione di un riferimento incrociato non corrisponde a nessuna particolare caratteristica di un testo, e non può dunque essere codificata come elemento di un qualche tipo. Se la destinazione desiderata è semplicemente un punto del documento corrente, il modo più semplice per marcarla è l'introduzione di un elemento <anchor> nel punto appropriato. Se il target è una sequenza di parole non altrimenti codificate, può essere introdotto l'elemento <seg> per marcarle. Questi due elementi sono descritti come segue:
Nel seguente esempio, degli elementi <ref> sono stati usati per rappresentare dei punti nel testo che sono collegati, in qualche modo, ad altre parti dello stesso testo; nel primo caso ad un luogo particolare, e nel secondo, ad una sequenza di parole:
Ritornando al <ref target=ABCD>punto dove ero rimasto</ref>, ho rilevato che <ref target=EFGH>tre parole</ref>, sono state sottolineate in rosso da un precedente lettore.
Questa codifica richiede che gli elementi con gli identificatori specificati (ABCD e EFGH in questo esempio) si trovino in qualche punto dello stesso documento. Qualora non esista alcun elemento a cui attribuire tali identificatori, si possono usare gli elementi <anchor> e <seg>:
....<anchor type=segnalibro id=`ABCD'>.... ....<seg type=target id=`EFGH'>...</seg>...
L'attributo type dovrebbe essere usato (come sopra) per distinguere i diversi ruoli che questi elementi generici possono assumere in un testo. Altre applicazioni saranno discusse nella sezione 9.3 Attributi di collegamento.
Gli elementi <ptr> e <ref> possono essere usati solo per i riferimenti incrociati o i collegamenti le cui destinazioni si trovino nello stesso documento SGML della loro origine. Inoltre, essi possono riferirsi esclusivamente ad elementi SGML. Gli elementi discussi in questa sezione non sono sottoposti a tali limitazioni.
In aggiunta agli attributi applicabili ai puntatori già discussi sopra nella sezione 9.1 Riferimenti incrociati semplici, questi elementi condividono i seguenti attributi supplementari, che sono usati per specificare la destinazione di un riferimento incrociato o di un collegamento al posto dell'attributo target:
Una specificazione completa del linguaggio formale usato per esprimere le destinazioni dei puntatori estesi TEI è troppo complessa per essere tratta in questa sede; qui ci limiteremo ad elencare solo alcune delle sue caratteristiche in genere più utili. La versione completa delle Norme dovrebbe essere consultata per maggiori dettagli.
Un elemento <xptr> (o <xref>) può riferirsi ad un intero documento esterno semplicemente fornendo un nome di entità SGML come valore dell'attributo doc, come in questo esempio:
vedere <xref doc=P3> la TEI Guidelines, in vari luoghi</xref>
Questo esempio ipotizza che sia stata dichiarata un'entità di sistema o pubblica con il nome P3. Questa dichiarazione può essere posta all'interno del file per l'estensione litemods.ent o in qualche altra maniera specifica al software autore SGML in uso (come discusso nella sezione 16 Immagini e grafica).
L'attributo from è usato per indicare una data posizione all'interno di qualunque documento specificato dall'attributo doc. La specificazione si basa su un linguaggio formale, denominato "sintassi per i puntatori estesi TEI", del quale qui sono forniti solo alcuni dettagli. In questo linguaggio, le posizioni sono definite come una serie di passi (steps), ognuno dei quali identifica una certa parte del documento, spesso nei termini delle posizioni identificate dal passo precedente. Per esempio potreste puntare alla terza frase del secondo paragrafo del capitolo secondo, selezionando il capitolo due nel primo passo, il secondo paragrafo nel secondo passo, e la terza frase nell'ultimo passo. Un passo può essere definito in termini di concetti SGML (come parent, descendent, preceding, etc.) o, più vagamente, in termini di modelli (patterns) di testo, di posizione delle parole o dei caratteri tipografici. È altresì possibile usare una notazione estranea (non-SGML), o specificare una posizione all'interno di un'immagine nei termini del suo sistema di coordinate.
Gli attributi from e to usano la stessa notazione. Ciascuno `punta' a qualche porzione del documento di destinazione; il puntatore esteso nella sua totalità `punta' alla sezione che inizia con l'attributo from e continua fino al to.
Il primo passo in un percorso di posizionamento sarà spesso quello di specificare l'identificatore di qualche elemento all'interno del documento di destinazione, come in questo esempio:
<xptr doc=P3 from=`id (SA) '>
Questo puntatore seleziona l'intero elemento che porta l'identificatore SA all'interno della entità P3. Se è richiesta una destinazione più specifica, possono succedersi altri passi. Le seguenti parole chiave sono disponibili per selezionare altri elementi nei termini delle loro relazioni l'elemento identificato dal passo precedente:
Ognuna di queste parole chiave implica un particolare insieme di elementi (l'insieme dei figli, l'insieme dei genitori, l'insieme dei discendenti, etc.); per specificare a quale elemento dell'insieme ci stiamo riferendo, la parola chiave può essere seguita da una lista tra parentesi contenente:
Continuando l'esempio precedente, il riferimento seguente selezionerà il terzo elemento <p> direttamente contenuto da qualsivoglia elemento recante l'identificatore SA:
<xptr doc=P3 from=`id (SA) child (3 p)'>
Similmente, assumendo che l'entità P3 è in effetti un riferimento alla versione SGML delle Norme TEI, il puntatore seguente seleziona la sezione 14.2.2 di tale pubblicazione, dove (per combinazione) viene formalmente definita la sintassi del puntatore esteso:
Per ulteriori dettagli, vedere <ref doc=P3 from=`id (SA) child (2 div2) child (2 div3)'> TEI estesa indicatore sintassi definita</ref>
Normalmente, l'obiettivo di un riferimento incrociato sarà adeguatamente definito dall'attributo from. Per alcuni documenti, tuttavia, potrebbe essere più comodo definire sia l'obiettivo iniziale che quello finale. Come notato sopra, per questo fine viene fornito l'attributo to. Per esempio:
<xptr doc=p1 from=`id (xyz)' to=`id (abc)'>
è un puntatore esteso la cui destinazione è la sequenza che inizia con qualsivoglia elemento recante l'identificatore XYZ nel documento P1, e che termina con qualsiasi elemento recante l'identificatore ABC, sempre, come ovvio, all'interno del medesimo documento. Sono inclusi tutti gli elementi che si trovano tra questi due, indipendentemente dalla loro struttura.
Questa sintassi permette di costruire facilmente specificazioni assai complesse. Per esempio, il seguente riferimento selezionerà il più prossimo elemento <head> che abbia un attributo lang con valore LAT, e che si trovi prima dell'inizio dell'elemento con l'identificatore SA:
<xptr doc=P3 from=`id (SA) preceding (1 head lang lat)'>
Se non viene fornito nessun valore per l'attributo doc, si assume che ci si riferisca al documento corrente. I riferimenti seguenti, dunque, sono semanticamente equivalenti. Entrambi indicano l'elemento con l'identificatore X1 all'interno del documento corrente:
<ptr target=X1> <xptr from=`id (X1)'>
I seguenti attributi di collegamento speciali, sono definiti per ogni elemento nella DTD TEI Lite:
L'attributo ana (analisi) si usa nei casi in cui una serie di analisi astratte o interpretazioni siano state definite in qualche punto all'interno di un documento, come discusso estesamente nella sezione 17 Interpretazione ed analisi. Per esempio, un'analisi linguistica della frase "Renzo ama Lucia" può essere codificata come segue:
<seg type=frase ana=SVO> <seg type=lex ana=NP1>Renzo</seg> <seg type=lex ana=VV1>ama</seg> <seg type=lex ana=NP1>Lucia</seg> </seg>
Questa codifica implica l'esistenza da qualche altra parte nel documento di elementi con identificatori SVO, NP1, VV1, dove viene spiegato il significato di tali particolari codici. Si noti l'uso dell'elemento <seg> per marcare componenti particolari dell'analisi, distinti dall'attributo type.
L'attributo corresp (corrispondente) fornisce un modo semplice per rappresentare alcune forme di corrispondenza tra due elementi in un testo. Per esempio, in un testo multilingue, può essere usato per collegare traduzioni equivalenti, come nel caso seguente:
<seg lang=ITA id=IT1 corresp=FR1>John ama Nancy</seg> <seg lang=FRA id=IT1 corresp=IT1>Jean aime Nancy</seg>
Lo stesso meccanismo può essere usato per molti altri scopi. Nell'esempio seguente, viene usato per rappresentare delle corrispondenze anaforiche tra "lo spettacolo" e "Shirley", e tra "NBC" e "il network":
<p><title id=shirley>Shirley</title>,concluso venerdì sera ha debuttato solo un mese fa, non è segnato nelle nuove schede della <name id=nbc>NBC</name>, sebbene il <seg id=network corresp=nbc> network</seg> dica che lo <seg id=show corresp=shirley>show</seg> sia ancora considerato...
Gli attributi next e prev forniscono un modo semplice per legare insieme le componenti di un elemento discontinuo, come nell'esempio seguente:
<p>— <q id=Q1a next=Q1b>Ma sì!</q> — esclamai. — <q id=Q1b prev=Q1a>Ha la febbre, e forte. Aspetti. Chiamo il signor Cavalena. Il nostro padrone di casa è medico.</q>
Il processo di codifica di un testo elettronico ha molto in comune con il processo di edizione di un manoscritto o di altri testi per la pubblicazione a stampa. In entrambi i casi un editore coscienzioso può voler registrare sia lo stato originale della fonte, sia ogni correzione editoriale o altro cambiamento introdotto. Gli elementi discussi in questa sezione e nella prossima forniscono alcune risorse adatte a tali necessità.
La seguente coppia di elementi può essere usata per marcare delle correzioni, cioè dei cambiamenti editoriali introdotti laddove l'editore ritenga che l'originale sia erroneo:
La seguente coppia di elementi può essere usata per marcare la normalizzazione, cioè i cambiamenti editoriali introdotti per salvaguardare la coerenza di un testo o per modernizzarlo:
Per esempio il seguente passo da Il Turno (Cap. II) di Luigi Pirandello:
Don Diego non era ancora potuto entrare in casa della promessa sposa. Stellina minacciava di graffiargli la faccia, di cavargli tutti e due gli occhi, se egli si fosse arrischiato di presentarsi a lei. Il Ravì, s'intende, non parlava a don Diego di queste minacce della figliuola; diceva soltanto che bisognava avere un po' di piazienza, perché le ragazze, oh Dio, si sa...
tratto dall'edizione Quattrini del 1920 introduce l'errore "piazienza" per "pazienza", come rileva Costanzo, e contiene la forma arcaica "figliuola". Gli emendamenti possono essere così codificati:
<p>Don Diego non era ancora potuto entrare in casa della promessa sposa. Stellina minacciava di graffiargli la faccia, di cavargli tutti e due gli occhi, se egli si fosse arrischiato di presentarsi a lei. Il Ravì, s'intende, non parlava a don Diego di queste minacce della <reg orig="figliuola" resp=COD>figliola</reg>; diceva soltanto che bisognava avere un po' di <corr sic="piazienza resp=Costanzo>pazienza</corr>, perché le ragazze, oh Dio, si sa... </p>
In aggiunta alle correzioni o normalizzazioni di parole o frasi, gli editori e i trascrittori possono anche fornire degli elementi mancanti, oppure trascrivere degli elementi che erano stati cancellati o depennati con una riga nel testo originale. Inoltre, alcuni passaggi possono essere particolarmente difficili da trascrivere perché è difficile decifrarli sulla pagina originale. Gli elementi seguenti possono essere usati per registrare tali fenomeni:
Questi elementi possono essere usati per registrare cambiamenti fatti da un editore o da un trascrittore o, nel caso di materiale manoscritto, da un autore o dal copista. Per esempio, se la fonte originale per un testo elettronico riporta:
I seguenti elementi sono forniti per per semplici interventi editoriali
Può sembrare opportuno correggere quest'errore palese, ma allo stesso tempo registrare le soppressioni del secondo "per", superfluo. Così:
I seguenti elementi sono forniti per <del hand=LB>per</del> semplici interventi editoriali
Il valore LB nell'attributo hand indica che "LB" ha corretto la duplicazione della preposizione "per".
Se l'originale riporta:
I seguenti elementi forniti per per semplici interventi editoriali
(cioè, se il verbo fosse stato inavvertitamente omesso) il testo corretto potrebbe essere il seguente:
I seguenti elementi <add hand=LB>sono</add> forniti per <del hand=LB>per</del> semplici interventi editoriali
Il valore LB nell'attributo hand indica che "LB" ha corretto l'omissione del verbo e la duplicazione della preposizione per.
Questi elementi non sono limitati a cambiamenti introdotti da un editore; essi possono anche essere usati per registrare varianti d'autore nel manoscritto. In un manoscritto de I limoni di Eugenio Montale l'autore ha prima di tutto scritto "tra gli alberi dai nomi poco usati", poi ha tolto le parole "gli alberi" e ha inserito le parole "le piante"; questo potrebbe essere codificato come segue:
<l>tra <del hand=Montale type=overstrike>gli alberi</del> <add hand=Montale place=supralinear>le piante</add> dai nomi poco usati</l>:
Similmente, gli elementi <unclear> e <gap>, possono essere usati insieme per indicare le omissioni di materiale illeggibile; l'esempio seguente (che riporta un passo dal Convivio di Dante in un'edizione a cura di C. Vasoli e D. De Robertis) mostra inoltre l'uso di <add> per una emendatio congetturale:
[...]che avessero sì leggiere le <unclear> <gap reason=`indecifrabile'></unclear><add hand=ed>non</add> fittizie parole apprese;[...]
L'elemento <del> identifica un passaggio che è stato trascritto nel testo elettronico nonostante fosse stato soppresso sull'originale, mentre <gap> indica la posizione di un passaggio che è stato omesso dal testo elettronico indipendentemente dal fatto che fosse leggibile o meno. Un corpus linguistico scritto in una data lingua, ad esempio, può omettere lunghe citazioni in lingue straniere:
<p>...Un esempio di una lista che compare nel libro mastro del feudo di <name type=luogo>Koldinghus</name> <date>12/1611</date> è fornito a piè di pagina. Esso mostra la riscossione degli introiti di una rendita da parte di una vendita di miele.</p> <q><gap desc=`citazione dal libro mastro' reason=`in danese'></q> <p>Una descrizione della totale struttura dei conteggi è ancora una volta...
Altri corpora (in particolare quelli prodotti prima dell'uso su grande scala dei lettori ottici) omettono sistematicamente diagrammi e simboli matematici:
<p>Al fondo del vostro schermo sotto la mode line è il <term>minibuffer</term>. Questa è l'area in cui Emacs ripete i comandi e dove voi inserite e specificate i nomi dei file che Emacs deve trovare, i valori utili per la ricerca e la sostituzione, e così via. <gap desc=`immagine della schermata di Emacs' reason=`grafico'>
Lo schema di codifica TEI definisce elementi per un grande numero di dati "strutturati" che possono apparire quasi ovunque in ogni tipo di testo. Questi tipi di dati possono essere di particolare interesse per varie discipline; essi si riferiscono in generale ad oggetti esterni al testo stesso (come i nomi di persona e di luogo, i numeri e le date). Essi inoltre pongono particolari problemi in molte applicazioni di trattamento automatico del linguaggio naturale (NLP), a causa della molteplicità di forme sotto cui possono essere presentate all'interno di un testo. Gli elementi qui descritti riducono la difficoltà di sottoporre a trattamento informatico i testi che contengono tali informazioni, rendendole esplicite.
Una espressione referenziale è un'espressione che si riferisce ad una persona, un luogo, un oggetto, etc. Sono disponibili due elementi per codificare queste espressioni:
L'attributo type viene usato, laddove sia possibile, per distinguere tra nomi di persone, luoghi ed organizzazioni:
<q>Mio caro <rs type=individuo>sig. Bennet</rs>, </q> gli ha detto un giorno la sua signora, <q>hai sentito che alla fine hanno affittato <rs type=luogo>Netherfield Park</rs>?</q> È uno dei principi del <rs type=organizzazione>Circomlocution Office</rs>, mai, per, nessun motivo, dare una risposta diretta, disse il<rs type=individuo>sig. Barnacle</rs>, <q>se possibile.</q>
Come mostra il seguente esempio, l'elemento <rs> può essere usato per ogni riferimento a persone, luoghi, etc., non necessariamente nella forma di un nome proprio o di un'espressione sostantivale.
<q>Mio caro <rs type=individuo>sig. Bennet</rs>, </q> gli ha detto <rs type=individuo>la sua signora</rs> un giorno...
L'elemento <name>, al contrario, viene fornito per il caso speciale di espressioni referenziali che consistono esclusivamente di nomi propri; questo può essere usato allo stesso modo dell'elemento <rs>, o inserito all'interno di questo se un'espressione referenziale contiene un insieme di nomi propri e comuni.
Il semplice atto di marcare qualcosa come un nome non basta - generalmente - per garantire il trattamento automatico dei nomi di persona nelle forme canoniche che di solito sono richieste per scopi di riferimento. Il nome che appare in un testo può essere scritto in maniera errata, parziale o imprecisa. Inoltre, i prefissi di nome come di o de la, possono o meno essere inclusi come parti della forma di riferimento di un nome, a seconda della lingua e dal paese di origine.
I seguenti attributi sono pertanto disponibili per questi elementi e simili, al fine di superare tali difficoltà:
L'attributo key può essere utilizzato come un mezzo per riunire tutti i riferimenti allo stesso individuo o luogo sparsi nel documento:
<q>Mio caro <rs type=individuo key=BENS1>sig. Bennet</rs>, </q> ha detto <rs type=individuo key=BENS2>la sua signora</rs> un giorno, <q>hai sentito che alla fine hanno affittato <rs type=luogo key=NETP1>Netherfield Park</rs>? </q>
Questa utilizzazione dovrebbe essere distinta dal caso dell'attributo reg (regolarizzazione), che permette di segnalare la forma standard di un'espressione referenziale, come si vede nel seguente esempio:
<name type=individuo key=WALDLM1 reg=`de la Mare, Walter'>Walter de la Mare</name> è nato a <name key Ch1 type=luogo>Charlton</name>, nel <name key=KT1 type=luogo=contea>Kent</name>, nel 1873.
È possibile codificare più dettagliatamente le componenti dei nomi propri, usando l'insieme di elementi supplementari per i nomi e le date.
I marcatori per la codifica dettagliata di orari e date sono i seguenti elementi:
L'attributo value specifica una forma normalizzata per la data o l'orario, usando un formato riconosciuto come quello prescritto dalle norme ISO 8601. Date o orari parziali (per es. "1990", "Settembre 1990") possono essere espressi generalmente omettendo una parte del valore fornito; invece, date o orari imprecisi (per es. "agli inizi di Agosto", "un po' di tempo dopo le dieci e prima di mezzogiorno") possono essere espressi come intervalli di date o orari. Se si conosce con esattezza uno dei due estremi dell'intervallo di tempo o di data (per es., "qualche tempo prima del 1230", "alcuni giorni dopo Carnevale") si può utilizzare l'attributo exact per specificarlo.
Esempi:
<date value=`21-02-1980>21 Feb 1980</date> <date value=`1990'>1990</date> <date value=`09-1990'>Settembre 1990</date> Dato nel <date value=`12-06-1977'>dodicesimo giorno di giugno nell'anno di Nostro Signore millenovecentosettantasette della repubblica e ottantaseiesimo dell'Università</date> <l>specialmente quando fa nove sotto zero <l>e <time value=`15:00'> alle tre del pomeriggio</time>
I numeri possono essere scritti in lettere o in cifre (ventuno, XXI, 21) e la loro rappresentazione dipende dalla lingua (per esempio l'inglese 5th diviene 5. in greco; l'inglese 123,456.78 equivale all'italiano 123.456,78). Nelle applicazioni di trattamento del linguaggio naturale o di traduzione automatica, spesso è utile distinguere queste dalle altre parti, più "lessicali", di un testo. In altre applicazioni, è invece importante registrare i valori numerici in una notazione standard. L'elemento <num> offre questa possibilità:
Per esempio:
<num value=`33'>xxxiii</num> <num type=cardinale value=`21'>ventuno</num> <num type=percentuale value=`10'>dieci per cento</num> <num type=ordinale value=`5'>V</num>
Come nomi, date e numeri, le abbreviazioni possono essere trascritte nella forma in cui si trovano nel testo o per esteso; esse possono essere codificate mediante i seguenti elementi:
L'elemento <abbr> è utile per distinguere elementi semilessicali come acronimi o termini gergali:
...se dopo aver eseguito un <abbr>ECG</abbr> abbiamo un'onda Q patologica, una sopraelevazione del segmento S-T, e un'inversione della T ci troviamo di fronte ad un <abbr>IMA</abbr>
L'attributo type può essere usato per distinguere i tipi di abbreviazioni a seconda delle loro funzioni, e l'attributo expan può essere usato per fornire un'espansione:
Il <name><abbr type titolo expan=`Dottore'>Dott.</abbr> <abbr type=iniziale expan=`Mario'>M.</abbr> Rossi</name> è il direttore del <abbr expan=`Centro Elaborazione Dati type=acronimo>CED</abbr>
Questo elemento è particolarmente utile nel caso di trascrizioni di manoscritti, nei quali le abbreviazioni sono molto frequenti.
L'elemento <address> è usato per codificare qualsiasi tipo di indirizzo postale. Contiene uno o più elementi <addrLine>, uno per ogni riga dell'indirizzo.
Un semplice esempio:
<address> <addrLine>Istituto Eugenio Montale</addrLine> <addrLine>Via M. Laseppia, 35</addrLine> <addrLine>00169 Roma</addrLine> <addrLine>Italia</addrLine> <address>
Le singole parti di un indirizzo possono essere ulteriormente distinte utilizzando l'elemento <name> discusso sopra nella sezione 12.1 Nomi ed espressioni referenziali.
<address> <addrLine>Istituto Eugenio Montale</addrLine> <addrLine>Via M. Laseppia, 35</addrLine> <addrLine>00169 <name type=cit>Roma</name></addrLine> <addrLine><name type=sta>Italia</name></addrLine> </address>
L'elemento <list> è usato per marcare qualsiasi tipo di lista. Una lista è una sequenza di voci testuali, che possono essere ordinate, non ordinate, o presentate sotto forma di glossario. Ogni elemento può essere preceduto da un'etichetta (in un glossario, questa etichetta è il termine che si sta definendo):
I singoli elementi di una lista sono codificati con l'elemento <item>. Il primo <item> può eventualmente essere preceduto da un elemento <head>, che fornisce un titolo alla lista. La numerazione di una lista può essere omessa (se ricostruibile), indicata usando l'attributo n per ogni elemento, o (più raramente) codificata come contenuto usando l'elemento <label>. I seguenti esempi sono dunque equivalenti:
<list> <head>Una piccola lista</head> <item>primo elemento in lista</item> <item>secondo elemento in lista</item> <item>terzo elemento in lista</item> </list> <list> <head>Una piccola lista</head> <item n=1>primo elemento in lista</item> <item n=2>secondo elemento in lista</item> <item n=3>terzo elemento in lista</item> </list> <list> <head>Una piccola lista</head> <label>1</label><item>primo elemento in lista</item> <label>2</label><item>secondo elemento in lista</item> <label>3</label><item>terzo elemento in lista</item> </list>
I diversi stili non dovrebbero essere confusi nella stessa lista.
Una semplice tavola a due colonne può essere trattata come una lista di tipo glossario, marcata <list type=gloss>. In questo caso ogni elemento comprende un termine e una glossa, codificati rispettivamente con <label> e <item>. Questi corrispondono agli elementi <term> e <gloss>, che possono comparire ovunque in un testo in prosa.
<list type=gloss> <head>Vocabolario</head> <label lang=it>ora, adesso</label><item>now</item> <label lang=it>rumorosamente</label><item>loudly</item> <label lang=it>fiori</label><item>blooms</item> <label lang=it>prato</label><item>meadow</item> <label lang=it>legno</label><item>wood</item> <label lang=it>pecora</label><item>ewe</item> <label lang=it>bassi</label><item>lows</item> <label lang=it>saltellare</label><item>bounds, frisks</item> <label lang=it>grazioso</label><item lang=fr>joli</item> <label lang=it>allegramente</label><item>merrily</item> <label lang=it>smettere</label><item>cease</item> <label lang=it>mai</label><item>never</item> </list>
Se la struttura interna di una lista di elementi è più complessa, è preferibile considerare la lista come una tabella, per la quale è definito un sistema di codifica specifico in un insieme di elementi supplementare della TEI estesa.
Naturalmente, liste di qualsiasi tipo possono essere inserite all'interno degli elementi di una lista, fino al livello di profondità necessario. Qui, per esempio, un glossario contiene due elementi, ognuno dei quali è esso stesso una semplice lista:
<list type=glossario><label>SFORTUNA</label> <item><list type=semplice> <item>Mi sono fratturato un braccio cadendo con la bicicletta in un fosso.</item> <item>Sono rimasto solo, a terra, col braccio dolente per circa tre ore.</item> <item>Mi sono completamente bagnato perché oltre a tutto è cominciato a piovere.</item> </list> <!-- fine della prima lista nidificata --></item> <label>FORTUNA</label> <item><list type=semplice> <item>Ma è passato un uomo che ha chiamato dei soccorsi.</item> <item>Ma la frattura del braccio non era scomposta.</item> <item>Ma cadendo da quell'altezza avrei potuto anche morire.</item> </list><!-- fine della seconda lista nidificata --></item> <list><!-- fine della lista glossario -->
Un elenco non deve necessariamente essere presentato sotto forma di una lista. Per esempio:
Ma non v'è dubbio che la nostra preparazione sarà migliore tra qualche anno e precisamente <list><item n=`a'>quando avremo rinnovato tutte le nostre artiglierie; <item n=`b'>quando avremo in squadra le 8 navi da battaglia; <item n=`c'> quando l'impero sarà del tutto pacificato, potrà bastare a se stesso e darci l'armata nera; <item n=`d'>quando avremo realizzato almeno il 50% dei nostri piani autarchici; <item n=`e'>a esposizione del 1942 chiusa, esposizione che deve rinforzare le nostre riserve; <item n=`f'>quando avremo fatto rimpatriare il maggior numero possibile di italiani dalla Francia.</list>
(il passo riportato è ripreso da una relazione presentata da Mussolini al Gran Consiglio il 4/2/1939, ed è citato da G. Candeloro in Storia dell'Italia moderna, Vol. IX.)
Le liste di elementi bibliografici dovrebbero essere codificate usando l'elemento <listBibl> descritto nella prossima sezione.
Spesso è utile marcare le citazioni bibliografiche dove esse appaiono nei testi trascritti a scopo scientifico, se non altro affinché esse siano formattate correttamente quando il testo sarà stampato. L'elemento <bibl> e fornito a tale fine:
Qualora i componenti di un riferimento bibliografico debbano essere distinti, i seguenti elementi possono essere usati secondo le esigenze. È di solito utile marcare almeno quelle parti (come titoli di articoli, libri e giornali) che necessitano di formattazioni speciali. Gli altri elementi sono forniti per casi in cui sussista un particolare interesse per tali dettagli.
Per esempio la seguente nota editoriale potrebbe esser trascritta come segue:
Vedi anche il frammento del 1345 pubblicato dal Livi, Dante 50-52
Vedi anche il frammento del 1345 pubblicato dal <bibl><author>Livi</author> <title>Dante</title> <biblScope>50-52</biblScope></bibl>.
Per le liste di citazioni bibliografiche andrebbe usato l'elemento <listBibl>, che può contenere una serie di elementi <bibl>. Per un esempio rinviamo alla lista della sezione 23 Riferimenti bibliografici.
Le tabelle rappresentano una sfida considerevole per qualsiasi sistema di trattamento del testo; tuttavia, semplici tabelle, come minimo, compaiono in così tanti testi, che risulta necessario inserire un sistema per la loro rappresentazione anche nell'insieme di elementi TEI semplificato qui esposto. I seguenti elementi sono provvisti a tale scopo:
Per esempio in questa tavola ripresa dal manuale di storia L'età contemporanea di A. Giardina, G. Sabbatucci, V. Vidotto viene mostrata la crescita della popolazione, in migliaia di unità, di alcune delle principali città europee nel corso del XIX secolo:
<table rows=5 cols=5> <row=`data'> <cell role=`label>anno</cell> <cell>1800</cell><cell>1850</cell><cell>1880</cell><cell>1910</cell></row> <cell role=`label>Amburgo</cell> <cell>130</cell><cell>132</cell><cell>290</cell><cell>932</cell></row> <cell role=`label>Berlino</cell> <cell><172></cell><cell>419</cell><cell>1122</cell><cell>2071</cell></row> <cell role=`label'><cell>Budapest</cell> <cell>54</cell><cell>178</cell><371></cell><cell>880</cell></row> <cell role=`label><cell>Costantinopoli</cell> <cell>600</cell><cell>—</cell><cell>&mdash</cell><cell>1200</cell> </row> </table>
Non tutti i componenti di un documento sono necessariamente testuali. Anche il testo più semplice spesso contiene diagrammi o illustrazioni, per non parlare dei documenti in cui immagine e testo sono inestricabilmente connessi, o di risorse elettroniche in cui i due sono complementari.
Il codificatore può semplicemente registrare la presenza di un elemento grafico all'interno di un testo, eventualmente con una breve descrizione del suo contenuto, usando gli elementi descritti in questa sezione. Gli stessi elementi possono inoltre essere usati per inserire versioni digitalizzate di elementi grafici all'interno di un documento elettronico.
Tutta l'informazione testuale che accompagna l'elemento grafico, come un titolo e/o una didascalia, deve essere inclusa all'interno dell'elemento <figure>, in un elemento <head> ed in uno o più elementi <p>, così come qualsiasi altro testo che appaia al suo interno. Si consiglia fortemente di fornire una descrizione testuale dell'immagine, nell'ambito di un elemento <figDesc>. Tali informazioni potranno essere usate da applicazioni che non sono in grado di visualizzare immagini e renderanno accessibile il documento ai lettori con problemi alla vista (la descrizione non è di solito considerata parte del documento).
La più semplice applicazione di questi elementi consiste nel marcare la posizione di un'immagine, come nell'esempio:
<pb n=413> <figure></figure> <pb n=414>
(Notare che il marcatore finale non può essere omesso, anche se l'elemento non ha contenuto). Più spesso un'immagine ha un titolo d'identificazione che deve essere codificato usando l'elemento <head>. Inoltre, è spesso conveniente includere una breve descrizione dell'immagine come nel seguente esempio:
<figure> <head>Tobiolo e l'angelo</head> <figDesc>raffigura il passo biblico (Tob. VI, 2-5), in cui si narra che Tobiolo e l'angelo decisero di passare la notte presso il fiume Tigri.</figDesc> </figure>
Quando è disponibile una versione digitalizzata di un elemento grafico, è chiaramente preferibile includerla nel punto appropriato all'interno del testo. Gli elementi grafici, come le fotografie, sono normalmente memorizzate entità (file) distinte da quelle che contengono il testo di un documento, e si servono di una differente notazione (formato di memorizzazione). La DTD della TEI Lite supporta immagini codificate nei formati standard CGM, TIFF, e JPEG con i nomi di notazione SGML cgm, tiff, e jpeg rispettivamente. Altre notazioni possono essere comunque usate, a condizione che un'appropriata dichiarazione NOTATION venga aggiunta alla DTD; per avere più informazioni sulla dichiarazione SGML NOTATION si rinvia al capitolo su tabelle, grafica e formule della TEI P3, o a qualunque altro manuale su SGML.
Qualunque formato venga usato per codificare l'immagine, essa può essere inserita all'interno del documento nella stessa maniera. Il primo passo consiste nella dichiarazione di una particolare entità SGML, che specifica un nome per l'entità, un identificatore esterno (come il nome del file) e la notazione usata. Per esempio, ipotizzando che l'immagine digitalizzata di Tobiolo fosse stata inserita in formato TIFF nel file tobi.tif, sarebbe necessaria una dichiarazione d'entità come la seguente:
<!ENTITY tobiFig SYSTEM "tobi.tif" NDATA tiff>
Qualunque dichiarazione deve essere elaborata prima del documento SGML stesso; con la DTD della TEI Lite ciò è possibile includendole in un file chiamato litedecls.ent o qualunque altro file associato all'identificatore pubblico -//TEI U5-1995//DTD TEI Lite 1.0 Extensions//EN.
Una volta che la dichiarazione sopra menzionata è attiva, tutto ciò che è necessario per inserire l'immagine digitalizzata nel punto appropriato del documento è fornire un valore all'attributo entity dell'elemento <figure>.
<figure entity=tobiFig> <head>Tobiolo e l'angelo</head> <figDesc>raffigura il passo biblico (Tob. VI, 2-5), incui si narra che Tobiolo e l'angelo decisero di passare la notte presso il fiume Tigri.</figDesc> </figure>
Si dice spesso che la codifica testuale è una forma d'interpretazione o di analisi. Sebbene sia certamente difficile, se non impossibile, distinguere con certezza tra informazioni "oggettive" e "soggettive" in un modo universalmente valido, non vi è dubbio sul fatto che i giudizi relativi alle seconde siano, di norma, più controversi rispetto a quelli relativi alle prime. Molti studiosi, pertanto, preferiscono presentare tali interpretazioni soggettive solo se è possibile indicare esplicitamente al lettore che si tratta di caratteristiche testuali da considerare con maggiore cautela rispetto al resto della codifica. Questa sezione descrive alcuni degli elementi provvisti dallo schema TEI per far fronte a questa esigenza.
Solitamente, l'interpretazione spazia attraverso un intero testo, senza tenere in particolare conto le altre unità strutturali. Un preliminare utile per inserire intensivamente interpretazioni consiste pertanto nel segmentare il testo in unità discrete ed identificabili, ognuna delle quali potrà poi ricevere un'etichetta da usare come una sorta di "riferimento canonico". Al fine di facilitare questo tipo di utilizzazione, tali unità non possono sovrapporsi, né includersi l'una dentro l'altra. Esse possono essere rappresentate adeguatamente mediante il seguente elemento:
L'elemento <s> è usato comunemente (soprattutto nelle applicazioni linguistiche) per marcare le frasi ortografiche, ovvero unità definite da caratteristiche ortografiche come l'interpunzione. Per esempio il passaggio da Il lanciatore di Giavellotto discusso prima può essere diviso in s-unità come segue:
<pb n=`163'> <div1 type=capitolo n=`16'> <p><s n=001>— <q>Sono contenta che tu sia bravo,</q> —</s> <s n=002>infine poté dire quietamente la madre.</s> <p><s n=003>Damín sorrise.</s> <p><s n=004>— <q>Bravo tanto da impressionare i professori.</s> <s n=005>Tanto bravo da diventare un artista.</s> <s n=006>Te lo meriti perché sei buono;</s> <s n=007>e se lo merita anche tuo nonno.</s> <s n=008>Anche lui è un artista; anche se è rimasto a fare cocci... un vero artista.</s> <s n=009>Chissà anche lui come sarà contento.</s> <s n=010>Il segno D.P. continua;</s> <s n=011>continua anche nell'arte, come ha detto il professore.</s></q>
I marcatori finali utilizzati nell'esempio non sono a rigore necessari, poiché gli elementi <s> non possono essere inseriti l'uno nell'altro: l'inizio di un elemento <s> implica la fine del precedente. Quando le s-unità sono codificate come mostrato sopra è consigliabile marcare l'intero testo sino alla fine, cosicché ogni parola nel testo analizzato sarà inclusa in un solo elemento <s>, il cui identificatore può successivamente essere usato come sistema di riferimento. Se gli identificatori impiegati in un documento sono unici, allora può essere usato l'attributo id, preferibile all'attributo n usato nell'esempio precedente.
Un elemento di segmentazione più generico, il <seg>, è già stato introdotto: serve per identificare le destinazioni di riferimenti incrociati e collegamenti ipertestuali non altrimenti marcate (vedere la sezione 9 Riferimenti incrociati e collegamenti); esso identifica qualsiasi espressione di livello frasale alla quale il codificatore può assegnare un type specificato dall'utente, ed un identificatore unico; può in questo modo essere usato per codificare caratteristiche testuali che non sono previste nelle Norme TEI.
Per esempio, le Norme non prevedono nessun elemento <apostrophe> per marcare parti di un testo letterario in cui il narratore si rivolge direttamente al lettore (o all'ascoltatore). Un modo di affrontare il problema è considerare queste come istanze dell'elemento <q>, distinte dalle altre tramite un valore appropriato per l'attributo who. Una soluzione più semplice, e certamente più generale, invece, potrebbe essere l'uso dell'elemento <seg> come segue:
<p> <seg type=`apostrophe'>E insomma, lo volete fare anche voi, sì o no, questo esperimento con me, una buona volta?</seg>
(il passo è tratto da Uno, nessuno e centomila di L. Pirandello)
L'attributo type dell'elemento <seg> può assumere qualsiasi valore, e può così essere usato per registrare fenomeni espressivi di qualunque genere; è bene registrare i valori usati ed il loro significato nella testata.
Un elemento <seg> di un dato tipo (diversamente dall'elemento <s> che gli somiglia superficialmente) può essere annidato all'interno di un elemento <seg> dello stesso tipo o di tipo differente. Questo consente di rappresentare strutture abbastanza complesse; alcuni esempi sono stati forniti nella sezione 9.3 Attributi di collegamento. Tuttavia, poiché esso deve rispettare i vincoli SGML secondo cui gli elementi devono essere propriamente annidati e non possono incrociarsi tra loro, questo elemento non può rispondere all'esigenza di associare un'interpretazione a segmenti arbitrari di un testo, che potrebbero ignorare completamente la gerarchia del documento. Esso inoltre richiede che l'interpretazione stessa venga rappresentata da un valore singolo, codificato nell'attributo type.
Nessuna di tali restrizioni si applica all'elemento <interp>, che offre un sistema molto potente per codificare interpretazioni assai complesse in maniera relativamente semplice.
Questi elementi permettono al codificatore di specificare sia un classe di interpretazione, sia il particolare esempio della classe implicata dall'interpretazione. Così, mentre con <seg> si può dire solamente che qualcosa è un'apostrofe, con <interp> si può dire che si tratta di un esemplare (apostrofe) di una classe più ampia (quella delle figure retoriche).
Inoltre, <interp> è un elemento vuoto che deve essere collegato al passaggio a cui si applica o tramite l'attributo ana discusso in precedenza nella sezione 9.3 Attributi di collegamento, oppure tramite il suo stesso attributo inst. Questo significa che si può rappresentare qualsiasi tipo d'analisi, senza bisogno di rispettare la gerarchia del documento SGML, ed inoltre facilita il raggruppamento di analisi di un dato tipo. L'elemento specifico <interpGrp> è fornita per quest'ultimo scopo.
Prendiamo per esempio, questo brano tratto da La lupa di Giovanni Verga:
<p>Al villaggio la chiamavano <emph rend=it>la Lupa</emph> perché non era sazia giammai —di nulla. Le donne si facevano la croce quando la vedevano passare, sola come una cagnaccia, con quell'andare randagio e sospettoso della lupa affamata; ella si spolpava i loro figlioli e i loro mariti in un batter d'occhio, con le sue labbra rosse, e se li tirava dietro alla gonnella solamente a guardarli con quegli occhi da satanasso, fossero stati davanti all'altare di Santa Agrippina. Per fortuna <emph rend=it>la Lupa</emph> non veniva mai in chiesa né a Pasqua, né a Natale, né per ascoltar messa, né per confessarsi. &mdash Padre Angiolino di Santa Maria di Gesù, un vero servo di Dio, aveva persa l'anima per lei.</p>
Supponiamo che si vogliano marcare diversi aspetti del testo, come temi o soggetti, figure retoriche e i luoghi di singole scene della narrazione. Le differenti parti del nostro brano, per esempio, potrebbero essere associate alle figure retoriche dell'isotopia, dell'iperbole e della metafora; con riferimenti per soggetto alla protagonista, alle donne, all'altare e con scene site nel villaggio ed in luoghi non specificati.
Queste interpretazioni possono essere messe ovunque all'interno dell'elemento <text>; è comunque buona pratica inserirle tutte nello stesso posto (per esempio in una sezione separata dell'avantesto o degli annessi), come nel seguente esempio:
<back> <div1 type=`Interpretazione'> <interp id=`fig-met' resp=MG, AL' type=`figura della protagonista' value=metafora> <interp id=`fig-ipe' resp=MG, AL' type=`figura della protagonista' value=iperbole> <interp id=`fig-iso' resp=MG, AL' type=`figura della protagonista' value=isotopia> <!-- ... ..> <interp id=`scen-villaggio' resp=`MG, AL' type=`scenario' value=`villaggio'> <!-- ... --> <interp id=`ref-prot' resp=`MG, AL' type=`referenza' value=`protagonista'> <interp id=`ref-don' resp=`MG, AL' type=`referenza' value=`donne'> <!-- ... --> </p> <div1>
L'evidente ridondanza di questa codifica può essere considerevolmente ridotta usando l'elemento <interpGrp> per raggruppare tutti quegli elementi <interp> che condividono valori di attributi comuni, come segue:
<back> <div1 type=`Interpretazione'> <interpGrp type=`figura della protagonista' resp=MG, AL'> <interp id=`fig-met' value=metafora> <interp id=`fig-ipe' value=iperbole> <interp id=`fig-iso' value=isotopia> <!-- ... ..> </interpGrp> <interpGrp type=`scenario' resp=`MG, AL'> <interp id=`scen-villaggio' value=`villaggio'> <interp id=`scen-non spec' value=`non-specificato> <!-- ... --> </interpGrp> <interpGrp type=`referenza' resp=`MG, AL'> <interp id=`ref-prot'' value=`protagonista'> <interp id=`ref-don' value=`donne'> <!-- ... --> </interpGrp> </p><div1>
Una volta che queste interpretazioni sono state definite, possono essere collegate con le parti del testo a cui si riferiscono, in uno dei modi o in entrambi. L'attributo ana può essere usato per qualsivoglia elemento appropriato:
<div1 type=paragrafo n=`2'> <p id=P2 ana=`scen-villaggio'> <s id=P2.1 ana=`fig-met'>Al villaggio la chiamavano <emph rend=italic>la Lupa</emph> perché non era sazia giammai — di nulla.</s> ...
Altrimenti, gli elementi <interp> possono indicare tutte le parti del testo a cui si riferiscono, usando il loro attributo inst:
<interp id=`fig-met' type=`figura della protagonista' resp=`MG, AL' value=`metafora' inst=`P2.1'> <!-- ... --> <interp id=`scen=villaggio' type=`scenario' value=`villaggio' inst=`P2' resp=`MG, AL'> <interp id=`scen=non-specifico' type=`scenario' value=`non-specifico' inst=`P2' resp=`MG, AL'> <!-- ... -->
L'elemento <interp> non è limitato a un tipo particolare di analisi,. L'analisi letteraria mostrata sopra rappresenta una delle possibilità; si può egualmente usare <interp> per fornire un'analisi linguistica del discorso. Per esempio, la frase data nella sezione 9.3 Attributi di collegamento ha un'analisi linguistica che potrebbe essere rappresentata come segue:
<interp id=NP1 type=pos value=`sintagma-nominale, singolare'> <interp id=VV1 type=pos value=`coniugazione verbo, terza pers. singolare tempo presente'>
Anche se il tema primario di questo documento riguarda l'utilizzazione dello schema TEI per la codifica di documenti già esistenti, lo stesso schema può essere usato per la creazione di nuovi documenti. Nella preparazione di nuovi documenti (come questo), SGML si rivela assai efficace: la struttura del documento può essere rappresentata chiaramente, e lo stesso testo elettronico può essere riutilizzato per molti scopi - ad esempio, per ottenere una versione ipertestuale consultabile su schermo, o una versione a stampa ben formattata, a partire da una medesima fonte SGML.
Per facilitare questa applicazione, sono stati inclusi nella TEI Lite un numero limitato di elementi supplementari, come estensioni della DTD TEI estesa, da usare nella marcatura delle caratteristiche peculiari della documentazione tecnica, ed in particolare di documenti riguardanti lo SGML.
I seguenti elementi possono essere usati per marcare le caratteristiche particolari dei documenti tecnici:
Il seguente esempio mostra come questi elementi possano essere usati per codificare un brano tratto da un corso di introduzione al linguaggio di programmazione Fortran:
<p>Di solito si inizia a parlare di linguaggio con un programma come il seguente: <eg> CHAR*12 GRTG GRTG = `HELLO WORLD' PRINT *, GRTG END </eg></p> <p>Questo semplice primo esempio dichiara una variabile <ident> GRTG</ident>, nella linea <code>CHAR*12 GRTG</code>, che identifica <ident>GRTG</ident> poiché è composta di 12 byte di tipo <kw>CHAR</kw>. Per questa variabile è allora assegnato il valore <mentioned>HELLO WORLD</mentioned>. Questo è seguito da una dichiarazione di <kw>PRINT</kw> e una dichiarazione di <kw>END</kw>.
Un sistema di composizione, dato un testo come il precedente, può essere programmato in modo da formattare appropriatamente gli esempi (per esempio, conservando le interruzioni di linea, o usando dei caratteri tipografici diversi). Similmente, l'uso di marcatori come <ident> e <kw> facilita notevolmente la costruzione di un utile indice.
L'elemento <formula> dovrebbe essere usato per racchiudere una formula matematica o chimica presentata all'interno del testo come un elemento distinto. Poiché le formule generalmente comportano un'ampia varietà di peculiari caratteristiche tipografiche, normalmente assenti nei testi ordinari, sarà necessario comporre il corpo della formula in una speciale notazione. La notazione applicata dovrebbe esser specificata nell'attributo notation, come nell'esempio seguente:
<formula notation=tex>
\ (E = mc^ {2} \)
</formula>
La notazione predefinita per la DTD TEI Lite è TeX; possono essere usate altre notazioni, se si vuole, ma esse vanno prima definite, mediante un'apposita dichiarazione NOTATION all'interno della DTD.
Quasi tutte le sequenze di caratteri sono permesse all'interno di un elemento <formula>, almeno per quanto concerne un'applicazione SGML. I dati vengono passati senza modifiche dal parser ad ogni applicazione associata alla notazione specificata. L'unica eccezione a questa regola è che il parser individuerà qualsiasi carattere che assomigli all'inizio di un marcatore finale SGML, ovvero il carattere "meno di" (<) seguito immediatamente da una barra obliqua (/) e da un carattere alfabetico. Il seguente esempio fittizio causerebbe dunque una serie di errori del parser SGML.
<formula notation=tex>
\ (E = mc^ {2} </a\)
</formula>
Fortunatamente, è difficile che la sequenza "</ "occorra nella maggior parte delle notazioni matematiche in uso: in caso contrario, è necessario adottare delle misure che non possiamo trattare in questa sede (per maggiori informazioni si rimanda alle Norme TEI complete).
Questo problema è assai più acuto quando la codifica SGML è oggetto di discussione in un documento tecnico, esso stesso codificato in SGML. In un tale documento è chiaramente essenziale distinguere i marcatori SGML occorrenti all'interno degli esempi, da quelli che codificano il documento stesso; ed in questo caso i marcatori finali sono assai frequenti. La soluzione più generale consiste nel marcare il corpo di ogni esempio SGML come contenente dati che non devono essere analizzati, limitatamente ai marcatori finali, dal parser SGML. Questo si ottiene rinchiudendolo in uno speciale costrutto SGML, denominato sezione marcata di tipo CDATA (CDATA marked section), come nel seguente esempio:
Una lista dovrebbe essere codificata come segue: <eg><! [ CDATA [ <list> <item>Primo elemento nella lista </item> <item>Secondo elemento</item> </list> ] ]> </eg> L'elemento <gi>list</gi> è composto da una serie di elementi <gi>item</gi>.
L'elemento <list> all'interno dell'esempio non sarà considerato come facente parte del documento propriamente detto, poiché è racchiuso all'interno di una sezione marcata (che inizia con la dichiarazione di marcatura speciale <! [ CDATA [ , e finisce con ] ] >).
Da notare inoltre l'uso dell'elemento <gi> per marcare i riferimenti ai nomi degli elementi SGML (o agli identificatori generici) all'interno del corpo del testo.
La maggior parte dei moderni sistemi di composizione di documenti sono in grado di generare automaticamente intere sezioni, come un sommario o un indice analitico. Lo schema TEI Lite fornisce un elemento per indicare il luogo in cui si deve collocare una tale sezione generata.
L'elemento <divGen> può essere inserito ovunque sia permesso un elemento di divisione, come nel seguente esempio:
<front> <titlePage> ... </titlePage> <divGen type=toc> <div type=`Prefazione'><head>Prefazione</head> ... </div> </front> <body> ... </body> <back> <div1><head>Appendice</head> ... </div1> <divGen type=index n=`Indice'> </back>
Questo esempio mostra inoltre come l'uso dell'attributo type distingua i vari tipi di divisione che vengono generati: nel primo caso si tratta di un sommario (toc), nel secondo di un indice analitico (index).
Quando, per qualche motivo, si deve codificare un indice o un sommario preesistente (invece di generarne uno), si deve usare l'elemento <list> discusso nella sezione 13 Liste.
Mentre la generazione di un sommario da un documento codificato correttamente non comporta problemi per un elaboratore automatico, la produzione di un indice di buona qualità richiede nella maggior parte dei casi una marcatura più attenta. Potrebbe non essere sufficiente produrre una lista di tutte le parti marcate in qualche modo particolare, anche se estrarre (per esempio) tutte le occorrenze di elementi del tipo <term> o <name> costituirà spesso un buon punto di partenza per un indice.
La DTD TEI provvede uno speciale marcatore <index> che può essere usato sia per marcare le parti del documento che dovranno essere indicizzate, sia il modo in cui dovrà essere effettuata l'indicizzazione.
Per esempio il secondo paragrafo di questa sezione potrebbe presentare la seguente marcatura:
... La TEI lite prevede uno speciale tag <gi>index</gi> <index level1=`indexing'> <index level1=`index (tag)' level2=`usare in costruzione di indici'> che può essere usato ...
L'elemento <index>, inoltre, può essere usato per fornire un tipo di informazione analitica od interpretativa. Per esempio, in uno studio su Ovidio è consigliabile registrare tutti i riferimenti del poeta ai diversi personaggi, per studi di stilistica comparata. Nelle seguenti righe delle Metamorfosi, tale analisi potrebbe registrare i riferimenti del poeta a Giove (come deus, se, o come soggetto di confiteor [nella forma flessiva numero 227]), a Giove-in-guisa-di-toro (come imago tauri fallacis e soggetto di teneo), e così via. L'analisi è presa da Willard McCarty e Burton Wright, An Analytical Onomasticon to the Metamorphoses of Ovid. (Princeton:Princeton University Press). L'esempio è stato leggermente semplificato.
<l n=3.001>iamque deus posita fallacis imagine tauri <l n=3.002>se confessus erat Dictaeaque rura tenebat
Questo scopo può essere conseguito usando l'elemento <note>, discusso nella sezione 8 Note, o l'elemento <interp>, discusso nella sezione 17 Interpretazione ed analisi. Qui mostriamo come si possa ottenere il medesimo risultato usando l'elemento <index>.
Partiamo dal presupposto che l'oggetto deve generare più di un indice: uno dei nomi di divinità (chiamato dn), un altro di riferimenti onomastici (chiamato on), un terzo di riferimenti pronominali (chiamato pr) e così via. Un modo di procedere potrebbe essere il seguente:
<l n=3.001>iamque deus posita fallacis imagine tauri <index index="dn" level1="Iuppiter" level2="deus"> <index index="on" level1="Iuppiter (taurus)" level2="imago tauri fallacis"> </l> <l n=3.002>se confessus erat Dictaeaque rura tenebat <index index="pr" level1="Iuppiter" level2="se"> <index index="v" level1="Iuppiter" level2="confiteor (v227>"> <index index="mons" level1="Dicte" level2="rura Dictaea"> <index index="regio" level1="Creta" level2="rura Dictaea"> <index index="v" level1="Iuppiter" (taurus) level2="(teneo) (v9)"></l>
Per ogni elemento <index> si genera una voce nell'indice appropriato, usando come lemma il valore dell'attributo level1, e come seconda parola chiave quello dell'attributo level2, che contiene la parola citata in forma nominativa. Il riferimento vero e proprio sarà preso dal contesto in cui appare l'elemento <index>, per esempio in questo caso, l'identificatore dell'elemento <l> che lo contiene.
Per coloro che lavorano con le forme standard delle lingue europee, le indicazioni della TEI concernenti l'impiego dei set di caratteri sono semplici. Per l'uso locale, è possibile utilizzare qualsiasi set di caratteri supportato dalla macchina e dal software adottato. Se il software rende difficoltosa la digitazione diretta dalla tastiera dei caratteri speciali, è possibile definire delle convenzioni di digitazione (per esempio, per rappresentare lettere accentate si può battere l'accento appropriato dopo la lettera, oppure si possono usare sequenze speciali che di solito non appaiono nel testo normale, come "aE" per "ä"). Le funzioni di ricerca e sostituzione globale possono essere usate successivamente per tramutare queste combinazioni della tastiera nei caratteri tipografici corrispondenti. Se si lavora con sistemi di scrittura non latini, ed esiste uno schema standard di traslitterazione in un particolare dominio (ad esempio, per il greco antico, il codice beta del Thesaurus Linguae Greacae), è consigliabile utilizzare tale schema. Qualsiasi traslitterazione usata dovrebbe essere reversibile (questo esclude un numero sorprendente di schemi comunemente usati nella scrittura normale), e sarà tanto più utile se non richiede alcuna speciale legatura, connessione o simbolo diacritico (questo esclude un numero sorprendente dei rimanenti).
Per l'interscambio di file tra sistemi diversi, vanno usati esclusivamente i riferimenti ad entità SGML per sostituire tutti i caratteri non presenti nella seguente lista (che di solito restano intatti nell'interscambio di file tra la maggior parte dei sistemi):
a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 " % & ` ( ) * + , - . / : ; < = > ? _ (space)
Questa lista esclude i seguenti caratteri che, con grande fastidio per gli utenti inconsapevoli, spesso non sopravvivono al trasferimento oltre i confini nazionali o su reti geografiche internazionali. Per contro, nei trasferimenti da Mac a PC, questi caratteri generalmente rimarranno intatti:
! # $ [ \ ] ^ ` { } | ~
Al fine di assicurare la trasmissione corretta tra reti eterogenee, è necessario utilizzare i riferimenti ad entità per tutti i caratteri accentati, latini estesi e non latini, e per tutti i simboli che non compaiono sulle tastiere per computer convenzionali.
Volendo, è possibile usare dei nomi di entità SGML personalizzati nei file conformi TEI, a condizione di fornire per essi le adeguate dichiarazioni di entità SGML; tuttavia i nomi standardizzati, anche se lunghi, hanno il vantaggio della chiarezza; tali nomi sono ragionevolmente comprensibili per chiunque parli inglese e ravvisi che si tratta di un nome di carattere, anche senza ricorso ad alcuna lista. Lo stesso non può dirsi di molti altri schemi per la rappresentazione di caratteri accentati.
I nomi di entità richiesti per i caratteri indicati sopra come "a rischio" e per i caratteri accentati di alcune delle lingue principali dell'Europa occidentale sono elencati qui sotto. Le liste degli insiemi di entità pubbliche e del loro contenuto sono disponibili in ogni lavoro di riferimento su SGML: i nomi forniti qui sotto sono presi dagli insiemi di entità pubbliche ISO, sono largamente utilizzati e sono quindi fortemente consigliati.
Qualora il carattere desiderato non compaia negli insiemi d'entità pubbliche, è consigliabile cercare di generare un nome usando le stesse convenzioni di denominazione usate negli insiemi ISO, in questo modo:
Per numerose applicazioni, specialmente nel caso di testi antichi, le pagine preliminari di un volume, come il frontespizio, le lettere di prefazione, etc., possono fornire informazioni utilissime di tipo linguistico e sociologico. La TEI P3 dà un insieme di suggerimenti per distinguere gli elementi testuali che si incontrano solitamente nell'avantesto, che vengono qui riassunti.
L'inizio della pagina di frontespizio dovrebbe essere codificato con l'elemento <titlePage>. Tutto il testo contenuto nella pagina andrebbe trascritto e marcato appropriatamente con uno tra gli elementi qui elencati:
Le differenziazioni dei caratteri tipografici dovrebbero essere marcate con l'attributo rend quando è necessario, come precedentemente descritto. Una descrizione molto dettagliata della spaziatura e delle dimensioni dei caratteri usati nei titoli ornamentali non è stata ancora prevista dalle Norme TEI. I cambiamenti di lingua devono essere marcati con l'uso appropriato dell'attributo lang o dall'elemento <foreign>, a seconda dei casi. I nomi, qualora apparissero, devono essere marcati usando l'elemento <name>, come altrove.
Due esempi di frontespizio seguono a titolo dimostrativo:
<titlePage> <docImprint> <publisher> <name>Universale Economica Feltrinelli</name> </publisher> <pubPlace><name>Milano</name><pubPlace> </docImprint> <byline><docAuthor>Giorgio Candeloro</docAuthor></byline> <docTitle> <titlePart type=main>STORIA DELL'ITALIA MODERNA</titlePart> <titlePart>nono <hi>volume</hi></titlePart> <titlePart type=`sub'>IL FASCISMO E LE SUE GUERRE</tilePart> </docTitle> <docDate>MCMXCV</docDate> </titlePage> <titlePage> <docTitle> <titlePart type=main> Lives of the Queens of England, from the Norman Conquest; </titlePart> <titlePart type='sub'>with anecdotes of their courts. </titlePart> </docTitle> <titlePart>Now first published from Official Records and other authentic documents private as well as public. </titlePart> <docEdition>New edition, with corrections and additions</docEdition> <byline>By <docAuthor>Agnes Strickland</docAuthor></byline> <epigraph> <q>The treasures of antiquity laid up in old historic rolls, I opened.</q> <bibl>BEAUMONT</bibl> </epigraph> <docImprint>Philadelphia: Blanchard and Lea</docImprint> <docDate>1860.</docDate> </titlePage>
Le principali sezioni testuali all'interno dell'avantesto dovrebbero essere codificate come elementi <div> o <div1>; i seguenti valori suggeriti per l'attributo type possono servire per distinguere i vari tipi comuni di materiali introduttivi:
Come qualsiasi altra sezione del testo, quelle situate nell'avantesto possono contenere elementi di livello strutturale inferiore, o elementi non strutturali, come descritto altrove. Esse inizieranno in genere con un'intestazione o un titolo di qualche tipo, che deve essere marcato mediante l'elemento <head>. Le epistole conterranno i seguenti elementi supplementari:
Le epistole che appaiono altrove in un testo conterranno, ovviamente, questi medesimi elementi.
Come esempio, la dedica all'inizio dell'Epistola XIII a Cangrande della Scala di Dante, andrebbe codificata come segue:
<div type=`dedication'> <opener> <head>Al magnifico e vittorioso signore, il signore <name>Cangrande della Scala</name>, Vicario generale del sacratissimo Cesareo Principato nella città di Verona e nella città di Vicenza,</head> <byline><name>Dante Alighieri</name>, fiorentino di nascita non di costumi, a lui devotissimo,</byline> <salute>augura vita felice per lunghi anni e che la gloriosa rinomanza possa accrescersi per l'eternità.</salute> </opener> ... </div>
A causa dei cambiamenti intervenuti nella pratica editoriale, le parti finali o annessi di un volume possono contenere virtualmente tutti gli elementi elencati sopra per l'avantesto, e gli stessi elementi andrebbero usati laddove si presenti lo stesso fenomeno. Inoltre, gli annessi possono contenere i seguenti tipi di materiali, inseriti all'interno dell'elemento <back>. Come avviene per le divisioni strutturali del corpo del testo, essi dovrebbero essere codificati come elementi <div> o <div1>, e distinti mediante i seguenti valori consigliati dell'attributo type:
Ogni testo TEI ha una testata che offre informazioni analoghe a quelle fornite dal frontespizio di un testo a stampa. La testata è introdotta dall'elemento <teiHeader> ed è composta da quattro parti principali:
Un corpus o una collezione di testi, che condividono molte caratteristiche, possono avere una testata comune per il corpus, e testate individuali per ogni componente del corpus stesso. In questo caso l'attributo type indica il tipo di testata.
<teiHeader type=corpus>
introduce la testata per le informazioni relative al corpus.
Alcuni elementi della testata contengono semplicemente del testo in prosa, codificato come uno o più elementi <p>. Altri sono raggruppati:
* gli elementi i cui nomi finiscono in Stmt (per statement) contengono di solito un gruppo di elementi che contengono informazioni strutturate.
* gli elementi i cui nomi finiscono in Decl (per declaration) includono informazioni sulle specifiche pratiche di codifica messe in atto nel documento.
* gli elementi i cui nomi finiscono in Desc (per description) contengono una descrizione in testo libero.
L'elemento <fileDesc> è obbligatorio. Contiene una descrizione bibliografica completa del file, mediante i seguenti elementi:
Una testata ha al minimo la seguente struttura:
<teiHeader>
<fileDesc>
<titleStmt> ... </titleStmt>
<publicationStmt> ... <publicationStmt>
<sourceDesc> ... <sourceDesc>
</fileDesc>
</teiHeader>
Un elemento <titleStmt> può contenere i seguenti elementi:
È consigliabile che il titolo del documento elettronico sia diverso da quello del testo di origine, per esempio:
[titolo della fonte]: trascrizione linguaggio macchina [titolo della fonte]: edizione elettronica Una versione machine-readable di: [titolo della fonte]
L'elemento <respStmt> contiene i seguenti sotto-componenti:
Esempio:
<titleStmt> <title>Il turno: edizione elettronica</title> <author>Luigi Pirandello</author> <respStmt><resp>Edizione elettronica a cura del dott.</resp> <name>Fabio Ciotti</name></respStmt> </titleStmt>
L'elemento <editionStmt> raggruppa le informazioni relative ad una data edizione di un testo (dove edizione è usato nell'accezione bibliografica comune del termine) e potrebbe includere i seguenti elementi:
Esempio:
<editionStmt> <edition n=U2>terza bozza sostanzialmente revisionata <date>1987</date> </edition> </editionStmt>
La determinazione esatta di cosa costituisca una nuova edizione di un testo elettronico è lasciata al giudizio di colui che effettua la codifica.
La dichiarazione <extent> descrive le dimensioni approssimative di un file.
Esempio:
<extent>4532 bytes</extent>
L'elemento <publicationStmt> è obbligatorio. Può contenere una semplice descrizione in prosa o gruppi dei seguenti elementi:
Almeno uno di questi tre elementi deve essere presente, a meno che tutte le informazioni sulla pubblicazione non siano fornite in testo libero. Questi elementi possono a loro volta contenere i seguenti elementi:
Esempio
<publicationStmt> <publisher>Università Tor Vergata Roma</publisher> <pubPlace>Roma</pubPlace> <date>1996</date> <idno type=ISBN> 3-5-967584-4</idno> <availability> Copyright 1996, Università Tor Vergata Roma </availability> <publicationStmt>
L'elemento <seriesStmt> contiene informazioni sulla collana, se esiste, a cui appartiene una pubblicazione. Può contenere <title>, <idno> o <respStmt>.
L'elemento <noteStmt>, se usato, contiene uno o più elementi <note> che a loro volta contengono una nota od un'annotazione. Ad alcune delle informazioni che si trovano nell'area delle note nella bibliografia convenzionale, sono stati assegnati degli elementi specifici nello schema TEI.
L'elemento <sourceDesc> è un elemento obbligatorio che registra i dettagli relativi alla o alle fonti da cui è derivato il documento elettronico. Può contenere del testo libero o dei riferimenti bibliografici più o meno strutturati, mediante uno o più dei seguenti elementi:
Esempi:
<sourceDesc> <bibl> Il primo folio di Shakespeare, preparato da Charlton Hinman (Norton fac-simile, 1968) </bibl> <sourceDesc> <sourceDesc> <scriptStmt id=RAI2> <bibl><author>RAI TG2 notizie</author> <title>Ultime notizie</title> <date>14 maggio1995</date> </bibl> </scriptStmt> </sourceDesc>
L'elemento <encodingDesc> specifica i metodi ed i principi editoriali che hanno governato la trascrizione e la codifica di un testo. Il suo uso è fortemente consigliato. Può essere costituito da una descrizione in prosa, oppure da uno o più elementi della seguente lista:
Esempi di <projectDesc> e <samplingDesc>:
<encodingDesc> <projectDesc> Testi raccolti per l'uso nella biblioteca dell'Università di Tor Vergata, Roma, aprile1996 </projectDesc> </encodingDesc>
<encodingDesc> <samplingDecl> Campioni di 2000 parole presi dall'inizio del testo </samplingDecl> </encodingDesc>
L'elemento <editorialDecl> contiene una descrizione in prosa delle pratiche adottate nella codifica del testo. Di solito questa descrizione dovrebbe coprire i seguenti argomenti, ognuno dei quali può essere inserito in un paragrafo separato.
Esempio:
<editorialDecl> <p>La parte dell'analisi del discorso applicata nella sezione 4, è stata aggiunta a mano e non è stata controllata. <p>Gli errori di trascrizione sono stati controllati utilizzando il correttore ortografico di WordPerfect. <p>Tutte le parole sono state convertite in italiano moderno utilizzando il dizionario Garzanti. <p>Tutte le virgolette sono state convertite in referenza di entità &odq; e &cdq. </editorialDecl>
L'elemento <tagsDecl> va utilizzato per fornire informazioni dettagliate sui marcatori SGML che effettivamente compaiono all'interno di un documento. Esso può contenere una semplice lista degli elementi usati, con un contatore per ognuno, composta usando i seguenti elementi speciali:
L'elemento <rendition> è usato per documentare le differenti maniere in cui gli elementi sono resi nel testo di origine.
Per esempio:
<tagsDecl> <tagUsage gi=text occurs=1> <tagUsage gi=body occurs=1> <tagUsage gi=p occurs=12> <tagUsage gi=hi occurs=6> </tagsDecl>
Questa dichiarazione di codifica (fittizia) sarebbe appropriata per un testo che contenga dodici paragrafi nel suo corpo, all'interno del quale sono stati marcati sei elementi <hi>. Da notare che se viene usato l'elemento <tagsDecl>, allora esso deve contenere un elemento <tagUsage> per ogni elemento marcato nel testo associato.
L'elemento <refsDecl> va usato per documentare il funzionamento di un eventuale schema di riferimento standard introdotto nella codifica. Nella sua forma più semplice consiste di una descrizione in prosa.
Esempio:
<refsDecl> <p>L'attributo N di ogni DIV1 e DIV2 contiene il riferimento canonica per ogni divisione nella forma XX.YYY dove XX è il numero del libro in numeri romani e YYY è la sezione in numeri arabi. </refsDecl>
L'elemento <classDecl> raggruppa le definizioni, o le fonti, di ogni schema di classificazione descrittiva usata in altre parti della testata. Almeno uno di questi schemi deve essere fornito, mediante i seguenti elementi:
Nel più semplice dei casi, la tassonomia può essere definita da un riferimento bibliografico, come nel seguente esempio:
<classDecl>
<taxonomy id=`LAI'>
<bibl>Libreria dell'area di italianistica</bibl>
</taxonomy>
</classDecl>
Altrimenti, o in aggiunta, il codificatore può definire uno speciale schema di classificazione mirata, come nel seguente esempio:
<taxonomy id=B> <bibl>Brown Corpus</bibl> <category id=B.A><catDesc>Servizio di stampa <category id=B.A1><catDesc>Quotidiano</category> <category id=B.A2><catDesc>Settimanale</category> <category id=B.A3><catDesc>Nazionale</category> <category id=B.A4><catDesc>Provinciale</category> <category id=B.A5><catDesc>Politico</category> <category id=B.A6><catDesc>Sportivo</category> ... <category id=B.D><catDesc>Religione <category id=B.D1><catDesc>Libri</category> <category id=B.D2><catDesc>Periodici e opuscoli</category> </category> ... </taxonomy>
Il collegamento tra un testo particolare ed una categoria all'interno di tale tassonomia viene realizzato mediante l'elemento <catRef>, inserito nell'elemento <textClass>, come ulteriormente descritto più avanti.
L'elemento <profileDesc> permette di registrare, in un quadro unico, una serie di informazioni che caratterizzano, sotto vari aspetti descrittivi, un testo. Esso ha tre componenti opzionali:
Esempi:
<creation> <date value=`8-1992'>Agosto 1992</date <name type=luogo>Mantova, Italia</name </creation>
L'elemento <textClass> classifica un testo in base al sistema o ai sistemi definiti nell'elemento <classDecl>, e contiene uno, o più, dei seguenti elementi:
L'elemento <keywords> contiene una lista di parole chiave o espressioni che identificano il tema o la natura del testo. L'attributo scheme le collega al sistema di classificazione definito in <taxonomy>.
<textClass> <keywords scheme=LAI> <list> <item>Letteratura italiana--Storia e critica--Data dell'elaborazione</item> <item>Letteratura italiana--Storia e critica--Teoria, etc.</item> <item>Lingua italiana--Stile--Data dell'elaborazione.</item> </list> <keywords> </textClass>
L'elemento <revisionDesc> fornisce un "diario" dei cambiamenti in cui può essere registrato ogni cambiamento apportato ad un testo. Il "diario" può essere registrato come una sequenza di elementi <change> ognuno dei quali contiene:
Esempio:
<revisionDesc> <change><date 3/6/1991:</date> <respStmt><name>EMB</name<resp>ed.</resp></respStmt> <item>Formato del file sopradatato</item> <change><date>25/5/1990:</date> <respStmt><name>EMB</name><resp>ed.</resp> <item>correzioni registrate da Stuart</item> </revisionDesc>
Tutti gli elementi che si trovano nella Document Type Definition della TEI Lite hanno i seguenti attributi globali:
La seguente lista elenca tutti gli elementi definiti nella DTD della TEI Lite, associando ad ognuno una breve descrizione:
Questa appendice contiene una lista di riferimenti bibliografici su SGML e argomenti correlati, riportati anche per esemplificare l'uso dell'elemento <bibl> discusso nella sezione 14 Citazioni bibliografiche.
<listBibl> <bibl>ALA (American Library Association). <title>ALA-LC Romanization Tables: Transliteration Schemes for Non-Roman Scripts</title>, approved by the Library of Congress and the American Library Association, tables compiled and edited by Randall K. Barry. Washington: Library of Congress, 1991. </bibl> <bibl>ANSI (American National Standards Institute). <title>ANSI X3.4-1986. American National Standard for Information Systems --- Coded Character Sets --- 7-bit American National Standard Code for Information Interchange (7-bit ASCII).</title> New York]: ANSI, 1986. </bibl> <bibl> <author>Barnard, David, et al.</author> <title level=a>SGML-Based Markup for Literary Texts.</title> <title>Computers and the Humanities</title> <biblScope>22 (1988): 265-76.</biblScope> </bibl> <bibl> <author>Barron, David</author> <title level=a>Why use SGML?</title> <title>Electronic Publishing Origination, Dissemination and Design</title> <biblScope>2.1 (April 1989): 3-24.</biblScope> </bibl> <bibl> <author>Coombs, James H., Allen H. Renear, and Steven J. DeRose.</author> <title level=a>Markup Systems and the Future of Scholarly Text Processing.</title> <title>Communications of the ACM</title> <biblScope>30.11 (November 1987): 933-947.</biblScope> </bibl> <bibl> <editor>Cover, Robin C., et al.</editor> <title>A Bibliography on Structured Text: Technical Report 90-281</title> <publisher>Queen's University,</publisher> <pubPlace>Kingston, Ont.</pubPlace> <date>June 1990</date> <note place=inline>A current version of this bibliography is maintained at <code>http://www.sil.org/sgml/sgml.html</code>. </bibl> <bibl>Goldfarb, Charles F., <title>The SGML Handbook.</title> Oxford: Clarendon Press, 1990.</bibl> <bibl> <author>van Herwijnen, Eric.</author> <title>Practical SGML.</title> <publisher>Kluwer Academic Publishers</publisher> <date>1990; 2d ed. 1994.</date> </bibl> <bibl>ISO (International Organization for Standardization). <title>ISO 8859-1: 1987 (E). Information processing --- 8-bit Single-Byte Coded Graphic Character Sets --- Part 1: Latin Alphabet No. 1.</title> (<title>Traitement de l'information --- Jeux de caracte´´res graphiques codés sur un seul octet --- Partie 1: Alphabet latin no 1.</title>) First edition --- 1987-02-15. [Geneva]: International Organization for Standardization, 1987. </bibl> <bibl>ISO (International Organization for Standardization). <title>ISO 8879-1986 (E). Information processing --- Text and Office Systems --- Standard Generalized Markup Language (SGML).</title> First edition --- 1986-10-15. [Geneva]: International Organization for Standardization, 1986. </bibl> <bibl>ISO (International Organization for Standardization). <title>ISO 8879:1986 / A1:1988 (E). Information processing --- Text and Office Systems --- Standard Generalized Markup Language (SGML), Amendment 1.</title> Published 1988-07-01. [Geneva]: International Organization for Standardization, 1988. </bibl> <bibl>ISO (International Organization for Standardization). <title>ISO/TR 9573-1988(E). Information processing---SGML support facilities---Techniques for using SGML.</title> Final text of 1988-09-12. </bibl> <bibl>ISO (International Organization for Standardization), and IEC (International Electrotechnical Commission). <title>ISO/IEC 10646-1: 1993. Information technology --- Universal Multiple-Octet Coded Character Set (UCS) --- Part 1: Architecture and Basic Multilingual Plane.</title> [Geneva]: International Organization for Standardization, 1993. </bibl> <bibl>ISO (International Organization for Standardization), and IEC (International Electrotechnical Commission). <title>ISO/IEC 10744: 1992. Information Technology --- Hypermedia/Time-based Structuring Language (HyTime).</title> [Geneva]: International Organization for Standardization, 1992. </bibl> <bibl> Langendoen, D. Terence, and Gary F. Simons. <title level=a>A Rationale for the TEI Recommendations for Feature-Structure Markup.</title> <title>Computers and the Humanities</title> (1995; in press). </bibl> <bibl> <author>Warmer, J., and S. van Egmond</author> <title level=a>The implementation of the Amsterdam SGML parser.</title> <title>Electronic Publishing Origination, Dissemination and Design</title> <biblScope>2.2 (July 1989): 65-90.</biblScope> </bibl> </listBibl>